Cari confratelli,

continua il nostro itinerario quaresimale verso la Pasqua di risurrezione. Si tratta di un tempo favorevole per la nostra conversione: non solo come individui, ma anche a livello comunitario. Ciò implica un allenamento costante e delle pratiche concrete per poter vivere tra noi il comandamento dell’amore reciproco.

In questo senso, risuona in me un’esortazione che ho sentito pronunciare qualche mese fa in un monastero femminile dalla superiora. Ne riporto un passo, perché possa parlare a noi, che viviamo senz’altro situazioni analoghe… basta sostituire il maschile al femminile.

Dobbiamo riconoscere che ciascuna di noi vive una radicale insufficienza. Noi non siamo capaci di amare le nostre sorelle di amore pieno, leale, che non lascia spazio alle antipatie e alle freddezze. Oserei dire che, tristemente, sono proprio antipatie e freddezze, ripicche e gelosie, troppo spesso, il nostro pane quotidiano. Questa è la nostra realtà: attente e precise a cogliere quando le altre mancano nei nostri confronti, più restie a riconoscere quando noi manchiamo di carità verso le altre. Sì, è una triste, quotidiana realtà… ma è anche una grande opportunità di conversione, di evangelizzazione del nostro cuore, se arriviamo ad esserne consapevoli e se accettiamo di compiere il passo (passo che solo noi possiamo compiere!) di voler vivere altro.

Che in una comunità ci possano essere simpatie o epidermiche antipatie è molto umano e non deve spaventarci. Il Vangelo non ci dice che il nostro umano sentire non debba esistere. Ci dice invece che su tutto, quindi anche sul nostro umano sentire deve prevalere la nostra appartenenza a Cristo, la carità come criterio unico e inderogabile per relazionarci. Altrimenti, se lasciamo che il nostro sentire ci domini e ci condizioni, la nostra vita cristiana e monastica si svuota, perché si riduce a mera esteriorità, a mera forma senza alcun impatto sulla nostra affettività e sensibilità e intelligenza. Con danno nostro e della comunità stessa. 

Vivere tutto questo non è facile, è evidente, siamo sempre e sistematicamente mancanti, ma è anche l’offerta che ci viene instancabilmente proposta. E il Signore ce la propone perché sa che possiamo vivere così, che possiamo assumere questi tratti di umana compassione capace di passar sopra alle mancanze e miserie, spesso molto evidenti, della sorella.

San Benedetto chiede a giovani e anziani (due “categorie” per le quali alto è il rischio di incomprensioni e quindi antipatie, freddezze ecc.), di assumere come prassi ordinaria (non lasciata quindi alla spontaneità e al sentire personale) alcuni atteggiamenti reciproci: “I più giovani, trattino con riguardo i più anziani, che a loro volta li ricambino con amore (…) gli anziani diano ai giovani l’appellativo di “fratello” e i giovani usino per gli anziani quello di “reverendo padre”, come espressione del loro rispetto filiale. (…) Dovunque i fratelli si incontrano, il più giovane chieda la benedizione al più anziano; quando passa un monaco anziano, il più giovane si alzi e gli ceda il posto”.

Modalità dell’epoca che oggi forse ci fanno sorridere, ma attenzione, perché non sono solo formalità o formalismi! Esse invece dicono lo sforzo e il desiderio di superare le possibili fatiche reciproche con l’allenamento a tenere determinati atteggiamenti tra di noi; lo ripeto: indipendentemente dal nostro sentire. E questo, con le forme opportune delle nostre epoche e del nostro contesto, è ciò cui siamo invitate anche noi.

Perciò sorelle, non lasciamo posto ad antipatie e freddezze, alleniamoci a mostrare attenzione per la sorella, e soprattutto impariamo a passar sopra ai torti, reali o presunti, e a perdonare di cuore, come il Signore fa quotidianamente con noi, con pazienza e affetto.

Penso non ci sia bisogno di aggiungere molto altro. È un impegno, è un’ascesi, da esercitare ogni giorno, instancabilmente, non solo in questo nostro cammino quaresimale, ma nel corso dell’intera nostra esistenza.

Prima di concludere questa mia lettera, comunico che lo scorso 10 marzo il Superiore generale ha concesso a p. Felice Doro l’indulto di esclaustrazione per tre anni a norma del can. 686§1 del C.I.C.

P. Felice rimane membro della nostra Provincia, anche se senza voce attiva e passiva, e risiede al suo paese di origine.

In questo mese di aprile compiono gli anni i pp. Franco Oberti, Mario Bragagnolo, Ferruccio Lenzi, Angelo Morandi, Agostino Inversini, Giovanni Boscato. A tutti loro un cordialissimo augurio!

Inoltre, a tutti voi rivolgo il mio augurio più sincero di una gioiosa Pasqua di Resurrezione.

In unione di preghiera
p. Stefano Zamboni, S.C.I.
Superiore provinciale ITS


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Non dovevi anche tu
aver pietà del tuo compagno

così come io ho avuto pietà di te?