Intervento del coordinatore del Centro studi dehoniani alla settimana di formazione permanente (Albino, 1-5 setttembre) sul tema della riparazione.
Introduzione
La spiritualità di Padre Leone Dehon (1843-1925), fondatore della Congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù, trova nel binomio “amore e riparazione” la sua chiave interpretativa fondamentale. Queste due parole, che ricorrono con insistenza nei suoi scritti, non vanno intese separatamente. L’una rimanda all’altra, l’una si alimenta dell’altra. L’amore che scaturisce dal Cuore trafitto di Cristo è un amore misconosciuto, respinto, disprezzato; esige, perciò, per così dire, una risposta che ne colmi il rifiuto: la riparazione.
Negli scritti di Dehon, il termine “riparazione” può evocare, a un primo sguardo, un linguaggio penitenziale e giuridico, quasi una sorta di “risarcimento” dovuto a Dio per l’offesa del peccato. Tuttavia, la sua riflessione teologica e spirituale porta questa parola oltre tale comprensione, aprendola al suo senso più autentico: la riparazione è la risposta d’amore all’Amore ferito, è cooperazione all’opera redentrice di Cristo, è oblazione di sé per il bene della Chiesa e del mondo. Quindi, lungi dall’essere concepita come un freddo risarcimento giuridico, la riparazione è per Dehon anzitutto e soprattutto un atto di amore, un’adesione affettiva ed effettiva al Cuore di Cristo, un’offerta di sé che diventa partecipazione all’oblazione riparatrice di Cristo al Padre per gli uomini, come dicono le Costituzioni SCJ (cf. Cst 6). L’intera spiritualità dehoniana si sviluppa a partire da questa esperienza fondamentale.
In questa relazione, non vogliamo proporre uno studio esaustivo sulla comprensione teologico-spirituale della riparazione in Padre Dehon: a questo fine, rimandiamo a studi più approfonditi, come quello di Umberto Chiarello, del 1991, intitolato Carisma del Fondatore e spiritualità dehoniana, pubblicato nella collana Studia Dehoniana n. 28; il testo di Giuseppe Manzoni, del 1996, dal titolo La spiritualità riparatrice in Padre Dehon, sempre in StudiaDehoniana n. 40; e troviamo anche molto interessante il dossier preparato dalla Commissione Teologica Dehoniana Europea nel 2022 sull’attualità della riparazione, pubblicato nella rivista Dehoniana, in particolare l’articolo di Stefan Tertünte che porta il titolo “La riflessione dehoniana sulla riparazione”. Oggi, proveremo semplicemente a delineare le principali dimensioni della riparazione così come Dehon le ha vissute e tramandate nei suoi scritti: lo spirito di amore e riparazione; la cooperazione all’opera redentrice di Cristo; la riparazione come risposta d’amore; la riparazione eucaristica; la riparazione sacerdotale; la riparazione sociale.
1. Lo spirito di amore e riparazione
Come abbiamo detto, il binomio “amore e riparazione” ritorna spesso negli scritti di Padre Dehon e contraddistingue la spiritualità dehoniana. I quaderni dell’allora novizio Stanislao Falleur attestano che, già nei primi anni della Fondazione, Dehon diceva ai suoi novizi: «Non v’è amore senza riparazione […] Amore e riparazione: non l’uno senza l’altra, bensì l’uno con l’altra, l’uno dopo l’altra. Questi siano i nostri sentimenti abituali» (CFL 2/116). Queste affermazioni sintetizzano l’anima della sua pedagogia spirituale: insegnare a vivere un amore che non si riduce a sentimentalismi, ma che si traduce in partecipazione al sacrificio redentore di Cristo.
Questa intuizione non nasce dal nulla. Già nell’ambiente familiare Dehon era stato introdotto alla devozione al Sacro Cuore e alla spiritualità riparatrice. Infatti, nel 1914, nella ricorrenza dell’anniversario dell’apparizione della Vergine a La Salette, Dehon ricordava nel suo Diario come l’invito alla riparazione aveva segnato la sua infanzia. Egli scrisse: «Anniversario di La Salette. 1846. È la data a cui risalgono i miei più lontani ricordi. Ero molto piccolo: tre anni e mezzo. Mia madre e le mie zie parlavano molto dell’apparizione della Madonna a La Salette, delle sue lacrime […] che hanno suscitato una fioritura di opere di penitenza e di riparazione. Diverse comunità sono nate da questa mentalità creata da Nostra Signora di La Salette. La nostra opera se ne è, in parte, ispirata» (NQT 35/101).
Negli anni di seminario a Roma, l’anima di Dehon si apre sempre più a questa attrattiva, come leggiamo nelle sue Memorie: «Nostro Signore si impossessò ben presto del mio intimo e vi stabilì le disposizioni che dovevano essere la nota dominante della mia vita […] la devozione al suo sacro Cuore, l’umiltà, la conformità alla sua volontà, la vita d’amore» (NHV 4/213). Già allora medita a lungo i misteri di Cristo come vittima d’amore, e scrive: «Gesù ci dimostra il suo amore iniziando a soffrire per noi, ovvero riparando alle nostre colpe e ai nostri mali e meritando per noi la grazia e la gloria. […] Offriamoci incessantemente “hostiam sanctam, Deo placentem” [Rm 12,1]: offriamoci come vittime d’amore, di lode, di riparazione» (NHV 5/206).
Il binomio “amore-riparazione”, quindi, non è una scelta posteriore o accidentale, ma la sintesi di un’intera esperienza spirituale maturata nel tempo. Esso diventa la chiave del suo carisma di fondatore e della spiritualità della Congregazione. Infatti, Dehon scrisse nel Direttorio Spirituale, riprendendo l’idea presente già nelle prime Costituzioni dell’istituto: «Scopo della nostra vocazione: lo spirito di amore e di riparazione al Sacro Cuore di Gesù è la grazia del tempo presente e del futuro. La divina Provvidenza chiama gli istituti antichi ad entrare in questo spirito e ne suscita di nuovi che ne fanno il loro scopo principale. Questo è il nostro» (DSP 2). Secondo Tertünte, “lo spirito di amore e riparazione” è l’espressione con cui Dehon esprime più costantemente la propria autocomprensione e con la quale riassume il carisma della Congregazione da lui fondata[1].
In questa prospettiva, la riparazione non è mai ridotta a una dimensione penitenziale. È, piuttosto, il volto concreto che l’amore assume quando si confronta con il peccato del mondo e con l’indifferenza verso Dio. Come afferma Chiarello: «Legando l’amore al simbolismo del Cuore di Gesù, che richiede una risposta d’amore all’amore misconosciuto e disprezzato, p. Dehon scopre nell’amore la dimensione riparatrice ed oblativa. […] Noi infatti siamo consacrati all’amore e alla riparazione… l’amore conduce alla riparazione, e la riparazione non si fa senza puro amore»[2]. Per Dehon, amare Cristo significa necessariamente condividere il dolore del suo Cuore trafitto, e dunque entrare in un atteggiamento riparatore.
2. Riparazione come cooperazione alla redenzione di Cristo
Il fondamento teologico della riparazione in Dehon è chiaro: essa è partecipazione all’opera redentrice di Cristo. Il Crocifisso è l’unico vero Riparatore, colui che ha portato su di sé il peccato del mondo. Noi non facciamo che unirci a lui, rendendo presente nella storia l’efficacia del suo sacrificio.
Questa comprensione teologica è un elemento di continuità nella visione dehoniana della riparazione. Infatti, già nel febbraio 1875, prima ancora di fondare la Congregazione, Dehon proferì un sermone nella basilica di Saint-Quentin sul tema della riparazione in cui troviamo affermazioni di grande spessore teologico. Leggiamo alcuni brani del suo sermone:
«Nostro Signore Gesù Cristo e più specialmente Gesù-Eucaristia è il centro, il mezzo e il modello della riparazione» (DIS 9050067/1).
«[Cristo] ci domanda soltanto, fratelli miei, che noi ci serviamo della sua riparazione e che noi la applichiamo. Domanda che noi facciamo valere la sua croce e che ci uniamo a lui nel portarla» (DIS 9050067/6).
«Ma se Cristo, con la sua croce, è il centro, lo strumento, il modello della riparazione, Gesù-Eucaristia ne è ancor più l’attualizzazione e lo sviluppo. Gesù-Eucaristia è il sacrificio del Calvario rinnovato ogni giorno e in ogni ora del giorno in migliaia di punti sulla superficie della terra. È il fiume della riparazione che porta le sue acque in tutta la terra per lavarla dalle sue iniquità. Gesù nel tabernacolo è il Cristo annientato e umiliato; è Gesù senza gloria e senza segno di vita; è Gesù che prega e supplica per noi; è Gesù che ripete continuamente l’espressione del suo ultimo pensiero: “Padre mio perdona loro” (Lc 23,34). È dunque l’attualizzazione, il centro presente e il modello vivente della riparazione» (DIS 9050067/7).
«Cristo è la riparazione perfetta. Siamo, con lui, in lui e per lui, gli ausiliari della sua riparazione» (DIS 9050067/8).
Come vediamo in questi brani, Dehon insiste che Cristo è l’unico vero riparatore, attraverso la sua opera redentrice, e noi siamo cooperatori e continuatori di quest’opera nella storia. Negli anni successivi continuerà a ripetere questa convinzione ai novizi, come leggiamo nelle note dei Quaderni Falleur del 1880: «La redenzione proviene dal Cuore di Gesù, quindi anche la riparazione che ne è la continuazione. Il Cuore di Gesù è l’organo più colpito dai suoi sentimenti di amore e di riparazione e il segno più sensibile della redenzione. La teologia del Cuore di Gesù è stata studiata più approfonditamente ed è da questa fonte che proviene la riparazione. Esso è il centro della riparazione» (CFL 2/42).
Teologicamente, questo significa che la riparazione non aggiunge nulla all’opera salvifica di Cristo, ma ne prolunga l’efficacia. È l’applicazione personale e comunitaria di ciò che Egli ha compiuto una volta per tutte sulla croce. Questa comprensione teologica rimane costante in Dehon, come possiamo vedere in una nota del suo Diario nel novembre 1909: «Gesù è il vero riparatore, ma ci concede l’onore di unire le nostre piccole riparazioni alle sue. Il mezzo è l’unione con lui in tutte le sue forme, attraverso il ricordo, l’imitazione, la grazia, l’Eucaristia, ma soprattutto attraverso la vita interiore» (NQT 25/1).
Qui emerge il legame profondo con la tradizione della scuola francese di spiritualità, che insisteva sulla “misteriosa sostituzione” operata da Cristo. Dehon riprende e sviluppa questa prospettiva, accentuando il ruolo del Cuore di Gesù come simbolo e sorgente di questa partecipazione. Il luogo privilegiato di tale cooperazione è l’Eucaristia. In essa si rende presente non solo il sacrificio redentore, ma anche la possibilità per ogni credente di unirsi a Cristo riparatore: questo, come vedremo, è il fondamento della riparazione eucaristica.
La comprensione teologica della riparazione come opera redentrice di Cristo, di cui il cristiano è chiamato a farsi “continuatore”, è in linea con la più sana dottrina cristiana. Dehon la assume unendola alla spiritualità del Cuore di Gesù che è il simbolo privilegiato dell’amore redentore (cf. Cst 21). Come afferma ancora Tertünte, nell’articolo già citato, «per Dehon, la riparazione rimase per tutta la vita una partecipazione all’opera redentrice di Cristo radicata nell’unione con Cristo, che era soprattutto di natura spirituale, persino contemplativa, e trovava il suo punto di partenza ai piedi della croce del perdono e della misericordia con lo sguardo rivolto all’icona dell’amore divino, il costato aperto del Salvatore»[3].
3. Riparazione per amore
A partire da questa comprensione teologica, Padre Dehon sviluppa una comprensione spirituale della riparazione. Come abbiamo visto, “amore e riparazione” definiscono per Dehon lo spirito della Congregazione, la sua spiritualità. In realtà, Dehon propone una spiritualità riparatrice che concepisce la riparazione come risposta di amore all’amore di Dio, il cui simbolo per eccellenza è il Sacro Cuore di Gesù, un amore molte volte misconosciuto e rifiutato. Nel presentare la riparazione nel Direttorio Spirituale, Dehon afferma: «Ci sono certamente cuori che comprendono l’amore di Nostro Signore e che vi rispondono, ma il loro numero è davvero esiguo rispetto a quelli che non vogliono ascoltarlo o che si accontentano di essere apparentemente suoi amici e discepoli. Per questa ingiustizia che gli viene fatta e che si ripete quotidianamente, Nostro Signore chiede un risarcimento, cerca riparazione» (DSP 36). Così, per Dehon, in una prospettiva molto positiva, la riparazione significa amare per coloro che non amano.
Questa spiritualità riparatrice della risposta di amore nasce dalla comprensione teologica della riparazione come partecipazione all’opera redentrice: la riparazione è risposta al grande peccato che è il rifiuto e il disprezzo dell’amore di Dio. Per Dehon, la risposta alla mancanza di amore non può essere altra che l’amore stesso: in questo senso, l’amore è sempre riparatore. Come afferma Chiarello, «se il peccato è stata l’occasione della redenzione, tuttavia essa è iniziativa e dono dell’amore di Dio, per cui p. Dehon invita a riparare non tanto per un singolo peccato, quanto per l’atteggiamento fondamentale peccaminoso, che risiede nel cuore dell’uomo e che consiste nella mancanza d’amore, anzi nel disprezzo dell’amore di Dio»[4]. Perciò, Dehon non mette l’accento sulla riparazione come soddisfazione giuridica, ma sulla riparazione per amore, sull’amore riparatore. Dirà ancora Chiarello che, in Dehon, «la riparazione è una dimensione e qualifica dell’amore, inteso […] come l’atteggiamento fondamentale dell’uomo, che corrisponde a un amore non ri-amato, a un amore disprezzato. L’amore dell’uomo verso il Cuore del suo Dio diviene così un amore riparatore. Si potrebbe dire: non è la riparazione che si ammanta d’amore, ma è l’amore che si qualifica come riparatore»[5].
Solo in questo senso si può capire la riparazione nella spiritualità dehoniana, non come semplice consolazione o risarcimento per i rimpianti del Sacro Cuore, ma come desiderio di amare Colui che ci ha amati e di renderlo amato da tutti. Lo dice Dehon nel Direttorio Spirituale: «Prima di tutto, sono i cuori che Nostro Signore chiede; cuori che abbiano la ferma volontà di amarlo sopra ogni cosa e che siano pronti a sacrificare tutto per questo amore, anche ciò che hanno di più caro; che non abbiano più desideri propri, né interessi personali, ma che abbiano in mente solo una cosa: amare, consolare e riparare il Cuore del loro Dio, del loro Maestro e del loro sposo, conquistandogli tutti i cuori e infiammandoli del suo amore» (DSP 45). La riparazione, quindi, non si misura dalla quantità di sacrifici compiuti, ma dalla qualità dell’amore con cui essi vengono vissuti. Nelle parole di Dehon, in Corone d’Amore: «non vi sono delle piccole e delle grandi croci; non vi è che un piccolo e un grande amore» (CAM 2/14).
Alla fine, Dehon assume la riparazione come l’espressione della spiritualità dei suoi sacerdoti chiamati a vivere in unione all’oblazione d’amore di Cristo. In linea di massima, la riparazione è il modo di vivere l’amore oblativo, nel dono di sé, per Dio e per gli uomini. Perciò, secondo Manzoni, «la riparazione è come la chiave di volta del carisma dehoniano. Premesso che il valore principale del carisma dehoniano è l’oblazione d’amore, con le espressioni spirituali che ne derivano: l’esperienza della croce, l’abbandono, il puro amore; la riparazione è la chiave di volta della spiritualità dehoniana, perché è il valore a cui si riferiscono tutti gli altri valori e tutti li unisce»[6]. Poiché è il modo di vivere l’amore oblativo, la riparazione è disponibilità continua e totale ad amare Dio e il prossimo col servizio della vita.
Le nostre Costituzioni, nel descrivere l’esperienza di fede di Padre Dehon (cf. Cst 2-5), dicono che egli è particolarmente sensibile all’amore di Dio, la cui espressione più evocatrice contempla nel Costato aperto e nel Cuore trafitto del Salvatore, ed è ugualmente molto sensibile al peccato e alla miseria umana, la cui causa più profonda ravvisa nel rifiuto dell’amore di Cristo. Perciò Dehon vuole dare una risposta a questo amore misconosciuto, dargli il ricambio d’amore. Questo è fondamentale per capire la comprensione spirituale della riparazione come risposta di amore: «P. Dehon concepisce la riparazione essenzialmente come un ritorno all’Amore […] Così deve essere intesa l’espressione semplicissima di p. Dehon: la riparazione mediante l’amore […] L’amore è l’anima della riparazione; è, in se stesso, riparatore»[7].
Nell’opera Il Cuore Sacerdotale di Gesù, proponendo un’immagine molto bella, Dehon afferma che «la riparazione nasce dall’amore e dalla gratitudine come il frutto nasce dal fiore» (CSJ 11). L’amore, dunque, è il fiore; la riparazione, il frutto. Ciò che ripara è l’amore, la riparazione autentica scaturisce dall’amore. Poiché l’amore stesso si fa oblativo e compassionevole, esso si qualifica come riparazione. Si tratta di una forza generativa che rinnova la vita spirituale.
4. Riparazione eucaristica
All’interno della devozione al Sacro Cuore, che per Padre Dehon è il mezzo privilegiato di vivere la sua spiritualità, la riparazione assume un particolare rilievo nell’Eucaristia. Tra le molte forme di vivere la riparazione, quella eucaristica occupa un posto privilegiato. Il centro vitale della riparazione è l’Eucaristia. Dehon è convinto che in essa Cristo stesso continua ad offrire il suo sacrificio e a intercedere per gli uomini: l’eucaristia è il luogo in cui il suo amore oblativo si fa attuale e operante.
Nell’opera Corone d’Amore, Dehon individua tre forme principali di riparazione (cf. CAM 3/193): 1) quella per i peccati personali, attraverso atti di virtù contrari ai vizi; 2) quella attraverso penitenze esteriori e mortificazioni, che secondo lui non è lo scopo della devozione al Sacro Cuore; 3) quella eucaristica. Quest’ultima non si limita a pratiche ascetiche, ma consiste nel sostare davanti al Signore presente nell’Eucaristia, unendosi al suo atto di intercessione e di oblazione. Dehon afferma: «La riparazione che ci viene chiesta soprattutto […] è la riparazione eucaristica propriamente detta. Essa si basa su due principi: il Sacro Cuore di Gesù nella Santa Eucaristia è l’unico vero riparatore; noi ci associamo al divino Cuore di Gesù in questo grande compito di riparazione» (CAM 3/194).
Come vediamo, la riparazione eucaristica proposta da Dehon si fonda sui principi teologici che abbiamo visto prima: il Cuore di Gesù nell’Eucaristia è l’unico vero Riparatore; noi collaboriamo con la sua opera riparatrice, offrendo le nostre disposizioni interiori che egli trasforma in atti d’amore. Per questo la pratica quotidiana dell’adorazione riparatrice diventa il cuore della vita dehoniana. Non è semplice devozione privata, ma un modo concreto di partecipare alla redenzione. Davanti all’Eucaristia, il religioso si pone in atteggiamento di oblazione, unendosi a Cristo che intercede e offre se stesso al Padre per il mondo.
Le pratiche di riparazione promosse dalla devozione al Sacro Cuore di Paray-le-Monial – ore sante, comunioni riparatrici, ammende onorevoli – trovano in Dehon una nuova collocazione: non come meri esercizi ascetici, ma come atti di comunione profonda con Cristo riparatore. Perciò, l’adorazione eucaristica quotidiana, vissuta nello spirito di amore e riparazione, diventa la forma più tipica e concreta della spiritualità dehoniana e, come dicono le nostre Costituzioni, il nostro primo apostolato e missione nella Chiesa (cf. Cst 31). Infatti, scrivendo ai suoi religiosi nel 1914 il suo Testamento Spirituale, Dehon conclude: «La mia ultima parola sarà ancora quella di raccomandarvi l’adorazione quotidiana, l’adorazione riparatrice ufficiale, in nome della Santa Chiesa, per consolare Nostro Signore e per affrettare il regno del Sacro Cuore nelle anime e nelle nazioni» (DSP 482).
5. Riparazione sacerdotale
Padre Dehon, profondamente segnato dalla realtà ecclesiale del suo tempo, dedica un’attenzione speciale alla riparazione sacerdotale. Egli soffre profondamente per le infedeltà e i tradimenti di alcuni ministri di Cristo, che feriscono in modo particolare il Cuore del Signore. Esprime ampiamente questa sensibilità nel Direttorio Spirituale, quando tratta della riparazione sacerdotale (cf. DSP 38-41), e afferma: «Alcuni sacerdoti devoti dovrebbero, con il loro amore, con la loro continua attenzione a tutti i desideri di Nostro Signore e con la loro incessante cura di compiacerlo, servirlo e glorificarlo, fargli in qualche modo dimenticare l’ingiustizia e l’oltraggio che gli vengono non solo dai suoi nemici, ma anche dai suoi amici, dai suoi fratelli, dai suoi figli» (DSP 40).
Questa sensibilità porta Dehon a immaginare un Istituto sacerdotale di riparazione. L’interesse per la spiritualità sacerdotale e per i sacerdoti in particolare è uno dei motivi principali che lo ha spinto a fondare la congregazione per offrire al Cuore di Cristo una riparazione fatta da sacerdoti e impegnarsi ad aiutarli, sia nella formazione, sia nell’apostolato, che nella loro santificazione[8]. Infatti, il 21 maggio 1877, Dehon scrisse una lettera a p. Giraud, un importante autore dell’epoca sulla spiritualità vittimale, in cui manifestava la sua ispirazione: «Mi sembra che Nostro Signore chieda vittime sacerdotali che si offrano in modo speciale per il sacerdozio» (1LD 36801). Pochi giorni dopo, l’8 giugno 1877, Dehon scrisse anche a Madre Maria Veronica, fondatrice delle Suore Vittime del Sacro Cuore, con la stessa intuizione di un’opera sacerdotale riparatrice: «Il Signore ha chiesto delle vittime a Paray-le-Monial e da allora ha chiesto molte volte delle opere riparatrici. Sapete se esiste da qualche parte una congregazione di uomini, e in particolare di anime sacerdotali, dedite alla riparazione?» (1LD 36704). Qualche anno dopo la fondazione della Congregazione, nel novembre 1886, Dehon scrisse nel suo Diario: «Molte opere occupano il mio spirito […]; ma la più grande delle mie opere, la più feconda per la Chiesa, deve essere l’opera sacerdotale, l’opera di riparazione al Sacro Cuore e di dedizione al clero» (NQT 3/248). E ancora annotava nel giugno 1888: «Quante cose da fare perché l’Opera non devii dal suo vero spirito di riparazione sacerdotale!» (NQT 4/217).
Quando Dehon intende la riparazione sacerdotale, non si tratta solo di consolare Cristo per le infedeltà del clero, ma di contribuire attivamente alla santificazione dei sacerdoti, attraverso la preghiera e le opere di formazione. È in questa prospettiva che Dehon fonda la sua Congregazione, pensata fin dall’inizio come un corpo sacerdotale riparatore. Nell’opera Corone d’Amore, Dehon indica chiaramente come vivere la riparazione sacerdotale: «Non capita forse, ahimè, che talvolta un sacerdote tradisca Nostro Signore? […] Come possiamo consolare questo Cuore divino? Il primo mezzo è […] il nostro amore compassionevole. Il secondo è la preghiera quotidiana per il clero, per il suo reclutamento, per la sua santificazione. Ognuno di noi, nella propria carriera, risponda pienamente alla propria vocazione. Diamo a Nostro Signore tutto ciò che Egli si aspetta da noi e offriamogli tutti i nostri sacrifici quotidiani in unione con tutti i sacerdoti. Se possiamo cooperare in qualche modo alle opere di formazione sacerdotale, seminari, scuole apostoliche, facciamolo con tutto il cuore» (CAM 2/72-73). La riparazione sacerdotale diventa così parte integrante della missione dehoniana: pregare e sacrificarsi per la santità dei ministri, educare nuove vocazioni, sostenere il clero nelle difficoltà.
6. Riparazione sociale
La riparazione in Padre Dehon ha anche una valenza sociale. Egli visse in un’epoca segnata dalla questione operaia, dalle tensioni tra Chiesa e Stato, dalla secolarizzazione crescente. In questo contesto, non si accontentò di una spiritualità intimista, ma vide nella riparazione anche un compito storico e sociale. È vero, come dice Tertünte, nel suo articolo già citato, che «Padre Dehon stesso non ha definito il suo immenso impegno sociale con la categoria della riparazione […] ma lo vedeva anche esplicitamente come uno sbocco della sua esperienza spirituale fondamentale: quell’agape riconosciuta e vissuta guardando il costato aperto»[9]. La comprensione di una dimensione sociale della riparazione, quindi, necessariamente si collega alla prospettiva spirituale: per Dehon, tutto l’impegno sociale ha come fondamento il desiderio di rispondere all’amore di Dio. Infatti, in un discorso alle Suore dell’adorazione riparatrice nel 1887, Dehon afferma: «Nostro Signore ha chiesto soprattutto riparazione per la mancanza d’amore, riparazione all’Eucaristia, riparazione per il popolo eletto. Ha chiesto anche riparazione sociale e il regno sociale del Sacro Cuore» (RET 9170007).
L’idea di riparazione sociale è molto ben raccolta dall’espressione tanto cara a Dehon: “il Regno del Cuore di Gesù nelle anime e nelle società”. Come sappiamo, questo ideale, che lo guidò in tutta la sua vita, lo spinse a fondare opere sociali a Saint-Quentin (patronati, scuole professionali, circoli operai), a scrivere studi di dottrina sociale, a promuovere il culto sociale del Sacro Cuore. La riparazione sociale, dunque, non è altro che l’impegno per il trionfo dell’amore oblativo nel tessuto della vita pubblica. Come afferma Manzoni: «In questa lotta per il trionfo universale dell’amore oblativo si realizza la riparazione sociale e si afferma il regno del Cuore di Gesù nelle anime e nelle società. Questo ideale, che ha sorretto p. Dehon durante tutta la sua vita, è il motivo profondo del suo intenso apostolato sociale, il fine che lo guida nel fondare la congregazione e lo tiene impegnato anche negli ultimi anni della sua vita, per l’erezione a Roma del tempio votivo di Cristo re […] La riparazione per p. Dehon è legata strettamente al trionfo del regno d’amore del Cuore di Gesù»[10].
Si tratta di un impegno che non ha solo motivazioni etiche, ma radici teologiche: il peccato ferisce non solo la relazione personale con Dio, ma anche i legami sociali. In questa prospettiva, la riparazione sociale diventa la forma concreta dell’amore riparatore che riconcilia, ricuce, ricostruisce i legami feriti dal peccato, anche a livello comunitario e storico. Non una giustizia punitiva, ma una “giustizia della misericordia” che rende possibile la riconciliazione, come afferma Neri[11]. Così, per Dehon, l’apostolato sociale è una realizzazione concreta della sua spiritualità di amore e riparazione; non solo una sua scelta personale, ma una scelta autentica anche per i suoi religiosi, per realizzare la spiritualità e la missione dell’istituto[12].
Conclusione
A mo’ di conclusione, possiamo dire che la riparazione, nel pensiero e nella vita di Padre Dehon, non è un concetto astratto né una semplice pratica devozionale. È la sintesi viva della sua esperienza spirituale: risposta di amore all’Amore ferito, partecipazione all’opera redentrice di Cristo, oblazione di sé per la santità della Chiesa e per la trasformazione della società. Essa si esprime in molteplici dimensioni: teologica, come cooperazione alla redenzione; spirituale, come amore oblativo; eucaristica, come unione a Cristo nell’atto del sacrificio redentore; sacerdotale, come preghiera e impegno per la formazione dei ministri del Vangelo; sociale, come lotta per il Regno del Cuore di Gesù nel mondo.
Oggi, in un contesto segnato da nuove forme di rifiuto e di indifferenza verso Dio e verso l’uomo, la riparazione conserva tutta la sua attualità, come afferma l’enciclica Dilexit nos (2024) di Papa Francesco. Non si tratta di moltiplicare pratiche penitenziali, ma di riscoprire la forza dell’amore riparatore: un amore che consola il Cuore di Cristo e, nello stesso tempo, guarisce le ferite dell’umanità. Padre Dehon consegna alla sua Congregazione e alla Chiesa un messaggio di straordinaria fecondità: vivere “amore e riparazione” significa lasciarsi trasformare dall’Amore crocifisso e risorto e diventare strumenti del suo Regno nelle anime e nelle società. È un invito che rimane sempre valido e urgente quello espresso dalle sue parole: «Gesù è il vero Riparatore, ma ci concede l’onore di unire le nostre piccole riparazioni alle sue» (NQT 25/1).
P. Victor de Oliveira Barbosa SCJ
Sigle
CAM Dehon, Couronnes d’Amour au Sacré Coeur
CFL Dehon, Cahiers Falleur
CSJ Dehon, Le Coeur Sacerdotal de Jésus
Cst Costituzioni dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù – Regola di Vita (2009)
DIS Dehon, Discours
DSP Dehon, Directoire Spirituel des Pretres du Sacré Coeur
1LD Dehon, Correspondance. Lettres de Dehon
NHV Dehon, Notes sur l’historie de ma vie
NQT Dehon, Notes Quotidiennes
RET Dehon, Retraites
Bibliografia
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Tertünte S. (2022), «La riflessione dehoniana sulla riparazione», in Dehoniana (2022), Centro Studi Dehoniani: Roma, 29-38.
[1] Cf. Tertünte, «La riflessione dehoniana sulla riparazione», p. 30 (cf. DEH2022-05/5).
[2] Chiarello, Carisma del Fondatore e spiritualità dehoniana, Studia Dehoniana 28, p. 79.
[3] Tertünte, «La riflessione dehoniana sulla riparazione», p. 31 (cf. DEH2022-05/7).
[4] Chiarello, Carisma del Fondatore e spiritualità dehoniana, Studia Dehoniana 28, p. 83.
[5] Chiarello, Carisma del Fondatore e spiritualità dehoniana, Studia Dehoniana 28, p. 83.
[6] Manzoni, La spiritualità riparatrice in Padre Dehon, Studia Dehoniana 40, p. 95.
[7] Manzoni, La spiritualità riparatrice in Padre Dehon, Studia Dehoniana 40, p. 114.
[8] Cf. Manzoni, La spiritualità riparatrice in Padre Dehon, Studia Dehoniana 40, p. 173-174.
[9] Tertünte, «La riflessione dehoniana sulla riparazione», p. 31-32 (cf. DEH2022-05/8).
[10] Manzoni, La spiritualità riparatrice in Padre Dehon, Studia Dehoniana 40, p. 116.
[11] Cf. Neri, Giustizia della misericordia, 93.
[12] Cf. Manzoni, La spiritualità riparatrice in Padre Dehon, Studia Dehoniana 40, p. 120.
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