Cari confratelli,

ci lasciamo alle spalle un mese in cui abbiamo vissuto il momento dell’elezione del nuovo Papa, il successore dell’apostolo Pietro, che ha il compito di confermare tutti noi nella fede di Cristo. Le prime parole di Leone XIV hanno richiamato la pace del Risorto, da cui promana la pace sulla terra. È una pace «disarmata e disarmante»: l’Agnello che si consegna muto agli oppressori, il Signore della storia che non ricorre alle potenze mondane per salvarsi dalla croce, è il vincitore della morte e dell’odio. Per questo, dal suo disarmo scaturisce l’appello a disarmare i cuori, a sconfiggere le ragioni dell’inimicizia, a cercare percorsi di pacificazione. Mentre assistiamo attoniti e impotenti a tragedie di indicibile orrore che segnano i conflitti nella striscia di Gaza, in Ucraina, e in tante altre regioni del mondo in preda alla guerra, sentiamo come questo appello tocca tutti noi e ci invita all’intercessione per il dono della pace e della riconciliazione.

Se è vero che ogni nuovo Pontefice si deve accogliere in spirito di comunione e di fede, tuttavia almeno due caratteristiche del nuovo Vescovo di Roma mi paiono particolarmente significative per noi dehoniani. La prima: Leone XIV è un religioso, che conosce molto bene la vita consacrata, avendo rivestito il ministero di superiore generale del suo ordine. La seconda è il riferimento, nella scelta del nome, a Leone XIII e al contesto di mutamenti sociali in cui Papa Pecci ha vissuto e che lo hanno condotto a scrivere l’enciclica Rerum Novarum. In quel contesto padre Dehon svolse un ruolo importante, proprio facendosi portavoce dell’insegnamento sociale del Pontefice. Chissà che anche noi dehoniani di oggi possiamo portare il nostro contributo in questo senso.

Il mese di giugno è tradizionalmente legato al Cuore di Gesù. Come al solito, ogni comunità avrà cura di celebrare con attenzione la Solennità liturgica e ognuno di noi potrà magari riprendere in mano qualche testo di padre Dehon o comunque legato al nostro patrimonio carismatico. La spiritualità del Sacro Cuore è più attuale che mai. Mi ha molto colpito un articolo di Susanna Tamaro, che ricordando la figura di papa Francesco, sosteneva che il suo lascito al mondo è contenuto nella sua enciclica meno celebrata, ossia la Dilexit nos («Perché l’enciclica Dilexit nos è il testamento spirituale di Papa Francesco», Corriere della Sera, 24.04.2025).

Scrive la Tamaro: «Una società che dà solo risposte, e le dà con protervia, è una società che nega la dimensione più profonda della vita, impedendo di far emergere, come ricorda papa Francesco “le domande che contano. Chi sono veramente, che cosa cerco, che senso voglio che abbia la mia vita, per quale scopo sono in questo mondo? Tutte domande che portano al cuore”». E conclude: «È lì, in quel Cuore [di Cristo], che finalmente riconosciamo noi stessi e impariamo ad amare. “Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino?” si dicono infatti i discepoli di Emmaus dopo aver percorso un lungo tratto con il Risorto senza averlo riconosciuto. Non c’è forse in tutti noi, in fondo, la nostalgia di quell’Incontro?».

Auguro a tutti noi di risvegliare nel nostro cuore la nostalgia di quell’Incontro!

Come di consueto, concludo questa lettera con l’augurio a quanti festeggiano il loro compleanno in questo mese: Paolo Gazzotti, Romano Bendotti, Giuseppe Signori, Sergio Rotasperti, Franco Inversini, Marco Mazzotti.

Uniti, nel Cuore di Cristo.

p. Stefano Zamboni, S.C.I.
Superiore provinciale ITS

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