Quelimane 2018

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Diario di bordo 1

Dopo aver trascorso qualche giorno ad Alto Molocue per un po’ di inculturazione con Padre Elia Ciscato, ci siamo diretti a Quelimane dove passeremo il resto della nostra esperienza missionaria. I primi due giorni noi due italiani, Federico e Matteo, siamo rimasti in compagnia dei ragazzi spagnoli: Marta e Jonathan.

Quelimane 2018Domenica abbiamo partecipato alla nostra prima vera messa africana. Siamo andati alla comunità di Sampene dove il movimento del Sagrado coração do Jesus accoglieva 125 nuovi membri. Mentre eravamo a bordo del pick-up per recarci alla comunità, abbiamo iniziato a vedere decine e decine di persone vestite di viola e bianco, i colori del movimento. Arrivati ci hanno accolto come ospiti d’onore, facendoci accomodare accanto all’altare. Durante la celebrazione ci hanno fatto ballare e partecipare, facendoci sentire parte della loro grande famiglia. Abbiamo vissuto la gioia della messa, come mai avevamo sperimentato in vita nostra. Purtroppo in Italia spesso ci sentiamo in dovere di andare in chiesa la domenica mattina, dimenticando che per noi cristiani dovrebbe essere un momento di festa e non un onere. Un altro momento che ci ha colpito durante la celebrazione, è stato l’offertorio. Qui, c’è l’usanza di alzarsi per portare la propria offerta in un grande cesto collocato al centro della “chiesa” (erano dei tendoni, c’erano troppe persone per stare nella cappella!) e, dunque, non ci sono gli addetti alla raccolta dei soldi. Ci ha colpito perché crediamo sia il modo più naturale di offrire.

Lunedì abbiamo iniziato a scoprire quelle che da allora sarebbero state le nostre attività. La mattina abbiamo visitato il centro nutrizionale Nutrimondo del PMO (Progetto Mozambico ONLUS), prima che arrivassero i bambini. La struttura, che ci ha sorpreso per pulizia e professionalità, si occupa di fornire un pasto caldo a tutti i bambini del quartiere, che vengono registrati e controllati. Addirittura, nel caso un bambino fosse malato, gli si recapita il pasto a casa.  Il pomeriggio abbiamo invece visitato l’orfanotrofio femminile Aldeia da paz gestito dalle suore francescane. Bambine e ragazze dai 3 anni ai 18, che lì vivono e ricevono una formazione professionale. Vivono come una grande famiglia, le ragazze più grandi seguono le sorelline più piccole. Gli occhi, sicuramente sono la cosa che ci ha maggiormente colpito. Arrivati, ci hanno accolto con un canto e sono subito corse incontro a noi per giocare. Il nostro portoghese latita, ma abbiamo scoperto che la lingua non è assolutamente una barriera.

Quelimane 2018Martedì abbiamo visitato la città di Quelimane. È così diversa dalle nostre. Un crocevia di moto, auto e bici-taxi che si intrecciano sfiorandosi senza (quasi) mai colpirsi, come un ingranaggio perfetto.

La gente ci guarda sorpresa, alle volte quasi spaventata dal colore della nostra pelle.

Che dire. Se non lo si vive, non si può capire. Ciò che è certo è che dopo averli salutati e aver scambiato con loro qualche parola, il muro crolla e ci si sente trattati quasi come amici di vecchia data. Verso ora di pranzo ci siamo recati al centro nutrizionale, finalmente popolato da bambini. Ciò che ci ha maggiormente sorpreso è la diligenza con cui aspettano e mangiano. Ognuno prende la propria porzione di cibo e acqua, e dopo aver mangiato consegna le vettovaglie in cucina. Nessuno ha chiesto il bis. Questi bambini sanno della fortuna che hanno ad avere un pasto caldo, e si accontentano di ciò che hanno. Anzi, spesso e volentieri dividevano la propria porzione con i più affamati! Dopo il pasto, finalmente, si davano alla pazza gioia rincorrendo un pallone e cantando con noi. Il pomeriggio siamo tornati a trovare le ragazze dell’orfanotrofio, a cui abbiamo regalato dei braccialetti… Impazzite! Erano felicissime! La gioia che hanno nell’apprezzare le piccole cose, è qualcosa che noi invidiamo molto e speriamo di poter vivere.

Quelimane 2018Mercoledì abbiamo vissuto un’altra esperienza che ripeteremo qui a Quelimane: la costruzione delle case. Siamo dapprima andati al mercato edile a comprare la legna, per poi recarci nel sito della casa dove ci aspettava la famiglia che lì andrà ad abitarci. Il mercato è situato vicino alle coste del fiume, per poter facilitare il trasporto navale. Wilson, un ragazzo del posto, ci ha raccontato che il mercato è aperto solo quando non piove troppo, e la piena non impedisce l’attività commerciale. La casa che abbiamo iniziato a costruire è nel quartiere Janeiro Boa Vista, una zona dove è difficile vivere da gennaio a marzo, perché l’acqua piovana invade il terreno e stagna. Dopo aver scaricato i tronchi, abbiamo iniziato a costruire l’intelaiatura della casa che andremo a completare i prossimi giorni. Nel pomeriggio siamo andati al seminario del Sagrado coração per giocare a calcio con i ragazzi che vivono lì.

Siamo solo all’inizio della nostra avventura, ma siamo molto felici di essere qui. L’incontro del prossimo è qualcosa che ci emoziona, che ci apre la mente e il cuore. Il timore iniziale è svanito passo dopo passo e ora, che siamo nel mezzo della nostra avventura, non abbiamo nessuna intenzione di smettere di camminare.


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Diario di bordo 2

Eccoci di nuovo qui, un’altra settimana è già passata!

Questa settimana abbiamo vissuto nuove, fortissime, esperienze. La prima, è la costruzione delle cosiddette palhotas. Sono le case della gente più umile, sostenute da un’intelaiatura in legno di cocco e rivestite di fango e acqua. Ciò che è stato maggiormente toccante è che ogni volta accanto (e dentro) al mini-cantiere c’era la famiglia proprietaria della casa. Vedere nei loro occhi la gratitudine per la nostra presenza è stato incredibilmente emozionante, e ci ha spronato a lavorare insieme a loro con ancor più motivazione! Confessiamo che le giornate dedicate al rivestimento di fango siano state le più divertenti… Magliette maculate a parte! “Una cosa che mi ha colpito particolarmente” dice Federico “è stata la presenza di strati di plastica nel sottosuolo. Quando hanno scavato la buca da cui estrarre la terra per il rivestimento, questi sono saltati agli occhi. Sarà la mia deformazione da ingegnere ambientale ma è terrificante pensare che questa gente non sia conscia del pericolo che corre a interrare i rifiuti in questo modo.

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Non c’è la consapevolezza del rifiuto, e dunque la percezione del suo pericolo. A maggior ragione ciò acquista pericolosità se fatto in prossimità della falda da cui estraggono l’acqua.” Il terreno che abbiamo utilizzato per la costruzione delle case era argilloso e limoso, scavando appena 1.5m sotto la superficie si iniziava ad avere una già consistente risalita capillare dalla falda. E siamo nel periodo secco dell’anno. Non ci sorprende dunque che tutte le case siano rialzate, perché nel periodo delle piogge il barrio Janeiro Boa Vista deve diventare una vera e propria palude!

L’altra nuova attività è stata passare il pomeriggio con i ragazzi del seminario, giocando a calcio. È incredibile come a noi uomini basti un pallone e due porte per divertirci insieme! Al seminario hanno la fortuna di avere un campetto in cemento, scongiurando così il pericolo buche (penserete voi) … Peccato che la maggior parte di loro giocasse scalza! “È stato gratificante” aggiunge Matteo “vedere la gioia dei ragazzi quando gli abbiamo regalato il pallone.”

Oltre alla novità, abbiamo portato avanti le nostre attività al centro nutrizionale e all’orfanotrofio Aldeia da Paz. Ogni volta che passiamo del tempo con i bambini rimaniamo sorpresi dalla capacità che hanno di farci dimenticare dove siamo. E con la stessa naturalezza con cui ci prendono le mani, riescono a trasportarci anche mentalmente dentro al loro mondo: dove il colore della pelle o la lingua non hanno importanza! Inoltre abbiamo notato il loro desiderio di condividere ciò che sanno: dai balletti ai giochi, fremono per poterci insegnare qualcosa! Ad esempio, ci stanno facendo delle lezioni di portoghese.

Domenica dopo la celebrazione della messa, ci siamo diretti verso l’Oceano Indiano per respirare un po’ di aria fresca. Il viaggio è stato un’avventura! In 15 persone sul retro del pick-up di Sandro: noi italiani, Jonathan e un gruppo di signore che aveva partecipato alla messa. Hanno cantato tutto il tragitto!

Quelimane 2018Martedì 21 agosto è stata una doppia giornata di festa: della città di Quelimane e per i mussulmani l’Eid al-Adha. Ci siamo recati con Padre Sandro alla piazza degli eroi, dove sorge il monumento per i caduti durante la guerra di indipendenza. Qui si è tenuto il comizio del sindaco della città, in una splendida cornice di pubblico. Abbiamo incontrato anche le bambine del centro nutrizionale, che ci sono venute a salutare di corsa! Approfittando della giornata di festa, abbiamo gironzolato per il mercato e per vari banchetti alla ricerca di qualche cimelio da portare a casa (Matteo ha trovato uno zaino di cimeli).

Siamo molto felici e grati dell’esperienza che stiamo vivendo. Ci stiamo accorgendo giorno dopo giorno di come, nonostante le varie differenze tra di noi, vi sia una immensa umanità a legarci. Ed ecco che vivere esperienze così forti quotidianamente ci unisce come gruppo e alla stessa comunità. Inoltre in principio credevamo fosse pesante fare la levataccia per pregare, invece lo facciamo sempre volentieri. La preghiera da un senso alla nostra giornata, segnandone l’inizio e la fine. Ci siamo accorti di come venga apprezzato il lavoro dei missionari Dehoniani da come la gente si rivolge ai padri quando li incrocia. Dalla gratitudine nello sguardo delle persone e dai loro sorrisi, percepiamo come i padri siano entrati nella comunità e ne siano parte. E non parliamo solo di cristiani! Gli stessi mussulmani si fermano spesso e volentieri a parlare con i padri, ricordandoci come siamo tutti parte di una grande comunità.


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Bom dia a todos! Uno dei momenti più importanti di questa esperienza missionaria, è la condivisione. Noi volontari, ci siamo ritagliati un momento per scambiarci pensieri ed emozioni che la nostra esperienza ci sta regalando. Il vissuto quotidiano è intenso, ognuno di noi ha la necessità di metabolizzarlo per comprenderlo e dunque condividerlo. A differenza di quanto potevamo immaginare, a nessuno di noi sta pesando la vita missionaria. Anzi. Iniziare e concludere la giornata nel nome del Signore funge da filo conduttore del nostro viaggio. Possiamo vedere riflesso Gesù negli occhi delle persone che incontriamo e nei loro gesti di fratellanza. Il Mozambico ci sta aprendo occhi, mente e cuore.

“Particolarmente toccante” dice Federico “è stato l’incontro con Carlos, un uomo malato da 15 anni di AIDS. L’incontro è stato spontaneo, con Carlos che si è fermato a chiedermi da dove venissi notando il colore della mia pelle. Nonostante il mio portoghese sia claudicante, siamo riusciti a superare le barriere linguistiche. Mi ha raccontato della sua vita passata da lupo di mare, e io gli ho raccontato della mia vita da studente di ingegneria. Mi ha testimoniato di come sia complicato vivere con l’HIV ma di quanto sia grato a Padre Aldo Marchesini che fornisce a lui e agli altri malati i farmaci. È rimasto sorpreso della mia vita passata per ¾ a studiare, dell’assenza di una moglie e di una famiglia.” Questo come molti altri incontri da noi vissuti, è ciò che porteremo per sempre con noi una volta rientrati in Italia. Qui abbiamo sperimentato cosa significhi incontrare una persona, vivere parte della sua vita attraverso delle semplici parole, vedere come Dio sia presente in ognuno di noi. Questa settimana abbiamo affinato le nostre tecniche da “maticatori” di case: l’operazione è molto semplice e consiste nel poggiare fango sulla parete esterna della palhota… Tanto semplice quanto divertente!

Giovedì siamo andati a visitare il mercato centrale di Quelimane. Centinaia di banchetti che vendevano di tutto e di più, dall’olio al pesce (questi banchi erano distinguibili a distanza per l’odore acre e pungente che anticipava la vista), dalle coloratissime capulane alle spezie.

Quelimane 2018Tra le attività fatte questa settimana, quella che più ci è piaciuta è stata la mattina artistica all’orfanotrofio. Armati di magliette bianche, acrilici e pennelli ci siamo presentati dalle ragazze dell’Aldeia da Paz. Queste, attraverso l’arte, sono riuscite a comunicare molto più di quello che facevano a parole. Le magliette sono venute tutte coloratissime, nonostante i colori di partenza fossero solo i primari (si sono create gli altri!). Siamo tornati a casa entusiasti e con il sorriso di quelle ragazze impresso ancora negli occhi.

“Un altro episodio che ci ha riempito il cuore” aggiunge Matteo “si è verificato durante la messa di domenica mattina. Uno dei ragazzi del seminario, a cui avevamo regalato le divise per giocare a calcio, stava mostrando orgoglioso a dei suoi amici una sua foto con il nostro regalo addosso. Sapere che con un così semplice gesto siamo riusciti a dare gioia al prossimo, ci dà grande soddisfazione.” La domenica pomeriggio l’abbiamo sfruttata per andare fino alla spiaggia. La luna era piena, arancione, ed enorme sorgeva sopra l’Oceano Indiano. Siamo rimasti a contemplarla per un incalcolabile lasso di tempo, in silenzio. Ognuno di noi ha potuto ripercorrere la propria esperienza, mentre la brezza marina soffiava sempre più forte sulla nostra pelle. Ennesima emozione di un viaggio che non finisce mai di sorprenderci. Come segno di gratitudine verso i Missionari che ci ospitano, abbiamo deciso di ridipingere la cucina della casa. Che faticaccia! Sono tre giorni che lavoriamo senza sosta, ma vedere la gratitudine di chi vive in quella casa è la ricompensa più grande.

Quelimane 2018Ieri sera per festeggiare Sant’Agostino, siamo stati invitati a cena dalle suore agostiniane. Avevano allestito un banchetto meraviglioso! Tra gli ospiti c’era anche il vescovo di Quelimane Hilario, che si è presentato e ci ha accolti nella sua città con la solita spontaneità africana. La splendida serata si è conclusa con canti e balli, che probabilmente si sono protratti anche dopo il nostro rientro a casa!

Siamo oramai giunti all’ultima settimana di esperienza missionaria. È complicato dire cosa proviamo, analizzare i nostri sentimenti. Sicuramente, siamo soddisfatti di quanto ci stia dando a livello umano e come percorso di fede questo viaggio che, in fondo in fondo, speriamo non finisca mai. Al prossimo e ultimo diario di viaggio, dove tireremo le somme di questa avventura!


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Diario di bordo 4

La nostra esperienza si sta per concludere ed è complicato descrivere ciò che proviamo in questo momento. L’idea di doverci separare da questa terra ci rattrista, nonostante il desiderio di rivedere i nostri cari sia ben presente in noi. Spesso abbiamo sentito parlare di “saudade”: parola portoghese che esprime una malinconia profonda. Indica la nostalgia di qualcosa di bello vissuto in precedenza e che, si spera, si possa rivivere in futuro. Abbiamo sentito parlare anche di “mal d’Africa”, termine che non si discosta molto dalla “saudade” portoghese, ma è riferito al continente nero. Prima di oggi non avevamo idea di cosa fossero, probabilmente neanche ora ne siamo consapevoli, ma già iniziamo a percepirli.

Un piccolo flash-forward, per farvi capire ciò di cui stiamo parlando. Siamo arrivati ad Alto Molocue il 4 settembre, dopo 3 settimane di soggiorno a Quelimane. Qui, come ricorderete dal primo diario, ci siamo fermarti per tre giorni di inculturazione con Padre Elia Ciscato all’inizio della nostra esperienza missionaria. Non avevamo trascorso troppo tempo con i bambini del quartiere, eppure un segno lo avevamo lasciato. Al ritorno dal mercato, difatti, a pochi metri dalla casa dei missionari dehoniani abbiamo sentito urlare a gran voce “Frederico! Mateus!”. Alzato lo sguardo, abbiamo visto correrci incontro Fanio, Eddy e altri bambini che ci hanno travolto col loro entusiasmo. Sicuramente non avremo cambiato la loro vita, non avremo salvato nessuno. Ma solo l’idea di avergli regalato dei momenti di gioia vera, con la nostra semplice presenza, ci fa capire che quanto seminato ha dato frutto.

Quelimane 2018Tornando indietro di qualche giorno, il gruppo di volontari di Molocue (gli italiani Laura, Michele ed Erica; le portoghesi Teresa e maria José; lo spagnolo Pepe e la tedesca Maarit) ci ha raggiunti a Quelimane per vivere la nostra realtà. Gli abbiamo mostrato le attività da noi svolte: dal seminario all’orfanotrofio Aldeia da Paz, dal centro nutrizionale alle palhotas. Approfittando della loro presenza, ci siamo concessi due giorni di riposo alla spiaggia di Zalala, situata a una ventina di chilometri da Quelimane. Qui, nella tranquillità più totale, ci siamo ritagliati dei momenti di condivisione e revisione della nostra esperienza.

Avevamo già avuto un assaggio dell’Oceano Indiano qualche giorno prima, ma riviverlo è stato ugualmente emozionante. Gli spazi africani sono enormi, mai avremmo immaginato tanta vastità prima di partire. La spiaggia non ha un inizio né una fine, si perde nell’orizzonte. L’oceano, quando la marea cala, si ritira per centinaia di metri. Approfittando del docile sole appena sorto, la prima mattina del nostro soggiorno, ci siamo diretti alla spiaggia. Era deserta, eccezion fatta per 3 pescatori che con le reti a strascico raccoglievano gamberi da vendere al mercato. Dopo qualche minuto dal nostro arrivo, son passati quattro bambini sul lungomare, accanto a noi. Hanno notato la palla da calcio rossa adiacente ai nostri zaini e, senza proferir parola, sono corsi verso la pineta. Dopo qualche istante, son tornati indietro con quattro rami. A pochi metri di distanza da noi hanno iniziato a tracciare sulla sabbia un rettangolo, ponendo nel mezzo dei due lati più corti, equidistanti, i rami. A due a due. Avevano creato un campo da calcio, ed ora si erano seduti nel mezzo. Ci osservavano. Aspettavano. Il loro lungo silenzio, è stato interrotto dalla nostra voce “brincamos?”. E così abbiamo giocato a calcio con loro, per tutta la mattina.

Ritornati a Quelimane, siamo andati a visitare il carcere femminile. Forse questa è stata una delle esperienze più destabilizzanti e impattanti. Mai avevamo immaginato una prigione così. E non in senso negativo, anzi! La struttura, circondata da un muro alto appena un paio di metri e accessibile tramite un cancello a spinta (manco il lucchetto aveva), è composta dal carcere femminile e da una scuola di sordomuti. Qui le detenute scontano la loro pena, che varia da 1 a 24 anni. Sono controllate dalle guardie, con cui c’è un clima amichevole, tant’è che ballano e cantano insieme. Accanto a loro i ragazzini imparano a leggere, scrivere e comunicare col linguaggio dei segni. Due mondi che sembrano opposti, convivono in questa struttura. Gli uni, lottando contro la propria disabilità fanno forza alle altre, e viceversa. Dalle difficoltà trovano, insieme, il coraggio per affrontare ciò che gli attende al di là del muro.

Quelimane 2018Ci siamo accorti di quanto sia stato fondamentale il nostro cammino da educatori parrocchiali. La formazione vissuta prima di partire, ci ha dato le basi per poterci approcciare nel modo corretto a questa esperienza: mettendoci in gioco, provando a formare un gruppo, avendo la sensibilità e la delicatezza nell’incontrare il prossimo. Torniamo in Italia con la speranza di riuscire a cogliere il fungo di questa esperienza, come ci ha invitato a fare Padre Sandro. Speriamo di riuscire a cogliere, nella foresta della nostra vita, questa esperienza che cresce rapidamente come un fungo. E non può essere raccolto domani, poiché sarà già deteriorato.

“Uma so cabeça não carrega o tectu da palhota”.

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