P. Carlo Ceccato


nato  16 novembre 1928
Ia professione 29.09.1948
ordinato 24.06.1956 – deceduto 13.02.2019
ascritto a Bologna VII
a. p. ad pers. di Valle S. Bartolomeo AL

Padre Carlo – molti degli otto/settuagenari lo ricorderanno bene muoversi da Casa Sacro Cuore (quella del tempo che fu), su una delle “Moto Guzzi Galletto 192”, che costituivano la scuderia dei vocazionisti in quel di Trento alla fine degli anni 50, alla volta dei paesi delle Valli trentine, del Veneto e della zona bresciana del Garda –  non era più giovanissimo, soprattutto da diverso tempo non stava benissimo e ultimamente aveva avuto qualche incidente di percorso che ne aveva aggravato le condizioni fisiche.

Ottimamente assistito in quel di Valle San Bartolomeo da chi lo conosceva ormai quasi da una vita, Padre Carlo aveva volentieri glissato sul tema/problema di una sua diversa allocazione suggerita, più che dal passare degli anni, dagli acciacchi che la cosa ahimè reca ineluttabilmente con sé. Forse non ricordava più il pensiero del poeta latino «Singula de nobis anni praedantur euntes»[1]. I Superiori Provinciali lo avevano ultimamente sollecitato a ragionare sulla cosa, soprattutto però si erano resi presenti, come è giusto che fosse.

Nella sua cartella personale non manca un’abbondante corrispondenza, copie di lettere da lui indirizzate alla bisogna a vescovi, provinciali e altre persone, copie di quelle a lui indirizzate dagli stessi, convenevoli, domande, sollecitazioni, problemi anche, come è nella vita di ognuno che abbia la sorte di vivere a lungo. Ci sono tutti i documenti anagrafici, scolastici, religiosi. Tra i più recenti la scheda firmata di ritorno attestante che gli era pervenuta copia degli Oitsas.

Non mancano piccole produzioni a stampa sulla Parrocchia nella quale ha servito per tanti anni, piccoli testi in occasione di feste e ricorrenze,  ritagli di giornali che raccontano momenti felici del suo ministero ed altro. Di sette anni fa, un paio di ritagli de “La Voce alessandrina” raccontano di una “festa dei giubilei” fatta a Valle San Bartolomeo per i matrimoni della comunità locale che aveva voluto ricordare e festeggiare anche il parroco «p. Carlo Ceccato, da 39 anni pastore e guida delle nostre anime» e all’epoca (2011) pervenuto serenamente al 55° di sacerdozio.

A Valle San Bartolomeo p. Carlo era giunto nel 1972. Con semplicità e senza invadenza , in un tempo in cui l’incertezza sembrava avere la meglio era divenuto per la sua gente pescatore d’anime e guida. A lui la gente si affidava volentieri riconoscendolo guida esperta onesta e imparziale, nonché sincero amico per chi glielo aveva permesso.

Dal 1957 al 1961, fresco di crisma, era stato a Casa Sacro Cuore di Trento promotore vocazionale, come già accennato più sopra, poi dal 1961 al 1972 parroco alla parrocchia padovana del SS. mo Crocifisso; successivamente dal primo ottobre 1972 era giunto appunto a Valle San Bartolomeo (parrocchia ad personam), come ascritto in quanto religioso a Spinetta Marengo.

Sensibile all’arte e all’architettura sacra, padre Carlo aveva sempre saputo curare le case di Dio in mezzo agli uomini, già prima di giungere nella chiesa di Valle San Bartolomeo. Qui una vecchia pietra del 15 giugno 1768 gli aveva ricordato ogni giorno in latino Non est hic aliud  nisi domus Dei (Genesi, 28, 17 ) confermandolo in quella sua cura, che a sua volta aveva voluto ricordare alla gente di Valle in un libretto dedicato a un po’ di storia e di arte della chiesa locale.

L’allora Vescovo Fernando Charrier quel libretto lo aveva onorato di una propria presentazione e il confratello p. Enzo Franchini lo aveva arricchito di una cospicua prefazione tra il filosofico e il sapienziale.

Al momento del congedo da lui prendiamo a prestito un pensiero che chiuda questo nostro ricordo dalla quarta di copertina di quel testo dedicato alla chiesa di Valle San Bartolomeo ricco di foto a colori: «Non ti ho rubato molto tempo per questo scritto. Forse ti ho anche ricordato quello che già sapevi e ti ho indicato quello che già vedevi…».

Omelia[2] per le esequie di p. Carlo Ceccato

Valle san Bartolomeo (AL) 16 febbraio 2019

[Rom 6, 3-4.8-9 ; Gv 6, 37-40]

Celebriamo nella fede della risurrezione il commiato a p. Carlo, parroco di questa comunità cristiana. Non c’è dubbio che, nei quarantasette anni vissuti come pastore di questa comunità, p. Carlo abbia lasciato un segno di grande amore nella vostra comunità di Valle san Bartolomeo. Dal 1972, p. Carlo ha dedicato tutte le sue energie alla cura e crescita di questa comunità, testimonianza del fatto che la sua vita l’aveva donata a Dio nella forma della vita consacrata e del sacerdozio.

Dove sta il segreto di una vita “donata” e in grado di portare frutti duraturi? San Paolo ci indica il battesimo come fondamento di una esistenza che sappia esprimere la ricchezza della Vita, di cui tutti siamo portatori per il semplice fatto di essere figli di Dio; quel battesimo che p. Carlo ha amministrato a tantissimi di voi, cristiani di questa comunità, comunicandovi la speranza che ci viene dalla risurrezione di Cristo, vincitore della morte e garanzia di eternità per tutti noi.

L’Apostolo ci dice che è necessario saper vivere e morire come Gesù per poter attingere alla ricchezza di Vita e di Bene che è Dio, nostro Padre. Che cosa questo significhi ci è dato di capirlo dalla parola di Gesù stesso, nel brano evangelico proclamato: vivere è fare la volontà del Padre. E questa volontà è una sola: che ogni suo figlio abbia la vita e l’abbia in pienezza.

È l’atteggiamento che ha caratterizzato l’intera esistenza di Gesù, e che dovrebbe caratterizzare la vita di ogni cristiano, specialmente di ogni sacerdote, come è stato per p. Carlo – e voi potete testimoniarlo molto meglio di me –. Essere creature che partecipano alla stessa creazione di Dio alimentando la vita dei fratelli: è quanto possiamo fare anche noi, come Gesù, quando facciamo nostra la sua parola – «colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato». Non cacciare nessuno, non rifiutarsi a nessuno e non negare aiuto a nessuno: è la forma più elementare per fare la volontà di Dio. Quanto abbiamo da imparare, oggi, da questa parola di Gesù!

Se, poi, ascoltiamo dalla voce di Gesù in che cosa consista la volontà di Dio Padre, scopriamo che è molto più semplice di quel che potevamo pensare: « che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo giorno ». Se è vero che risuscitare è opera possibile solo a Dio, è anche vero che il « non perder nulla » è cosa che riguarda anche noi, è cosa che possiamo vivere anche noi attraverso quell’attenzione particolare che ci porta a vivere in funzione del bene e della crescita del fratello, senza rimanere chiusi in noi stessi, impegnati nella ricerca del solo nostro benessere. È la tentazione più ricorrente a cui è difficile resistere, soprattutto oggi, tempo in cui ci viene sempre detto in tanti modi che l’altro è un pericolo, un problema, un intralcio alla nostra realizzazione, alla felicità.

Gesù ci insegna, al contrario, che l’altro è la porta che ci conduce alla verità di noi stessi. Passando attraverso il fratello – chiunque esso sia – siamo condotti alla scoperta di quanto, tutti noi, siamo portatori di Bene. Solo nel dono di noi stessi, nella condivisione di quanto abbiamo ricevuto come talento da far fruttificare per il bene di tutti, noi possiamo scoprire chi siamo e quanto siamo importanti gli uni per gli altri. Quante volte l’apertura del nostro cuore e la disponibilità nei confronti di chi sta peggio di noi rende possibile una piccola anticipazione di risurrezione!

Penso che anche per p. Carlo questa sia stata l’esperienza più significativa nella sua vita di sacerdote, pastore di questa comunità cristiana. Sono i piccoli gesti di ogni giorno, nutriti dalla grazia del Vangelo, assunto come regola della propria vita, che rendono visibile a tutti la bellezza del dono di Dio.Il battesimo, l’eucaristia e tutti i sacramenti tutti ci mettono nella condizione di rendere attuale oggi la vita di Dio in noi. Se nutriamo la nostra giornata di presenza di Dio, se stiamo in ascolto della sua Parola e ci lasciamo guidare dallo Spirito che in essa ci parla, ci troveremo a vivere la felice sensazione che Gesù stesso ha sperimentato nella sua vita: essere un segno dell’amore di Dio per ognuno dei suoi figli!Se avete potuto sperimentare la bontà di Dio, anche solo un po’, attraverso la presenza e l’azione di p. Carlo, ringraziamo il Signore di avercelo donato e affidiamolo alla sua misericordia senza limiti, affinché lo accolga nella pienezza della Vita e della felicità… e chiediamo a lui che, con la sua preghiera di intercessione, continui ad accompagnarci da lassù come ha sempre fatto in questa vita.

p. Enzo Brena scj


[1] Orazio, Epistole II, II, 55 (Gli anni vanno e si portano via ogni cosa, ad una ad una! ).

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