P. Ambrogio Bottesi

Un pugno di date  e alcuni pochi riferimenti a luoghi sono sufficienti a riassumere la vicenda umana, cristiana, religiosa e presbiterale di p. Ambrogio Bottesi che domenica 17 luglio, ricevuta l’Unzione degli infermi, ha cessato di vivere nella Casa di Bolognano per essere accolto nella casa del Padre, come ha tempestivamente annunciato a tutta la Congregazione la Segreteria generale di Roma.

Le sue condizioni avevano conosciuto un progressivo aggravamento nelle settimane precedenti e quanti si erano recati ultimamente a Bolognano per altri commiati non avevano avuto difficoltà a intuire che il passaggio all’altra riva si approssimava.

Le date sono presto riassunte: nato il 31 dicembre 1936, battezzato il 6 gennaio 1937 nella parrocchia di nascita, cresimato il 28 giugno 1946 nel duomo di Trento, noviziato ad Albisola dal primo gennaio 1952, poi negli anni ‘50 Liceo a Monza, prefetto a Trento tra il 1957 e il 1958, studi teologici a Bologna tra il 1959 e il 1962, anno in cui, il 29 giugno, fu ordinato presbitero.

Di alcuni luoghi si è appena detto, di quelli del suo ministero ricordiamo  il Mozambico per dieci anni dal 1963 al 1973, la Germania, dove fu assistente tra gli emigranti italiani dal 1973 al 1979, Castiglione dei Pepoli dal 1980 al 1996 (successivamente come cappellano (1980-’84), economo della comunità (1984-’90), vicario economo di Le Mogne (1990-’96) e, di nuovo, economo della comunità dal 1993 al 1966, quando per le sue condizioni precarie di salute fu destinato a Bolognano (dal primo ottobre 1996) dove, per qualche tempo, svolse anche il suo ministero con incarico ufficiale della diocesi, come fa memoria una lettera con la quale, nel 1997, rinuncia a motivo dell’ansia che lo condizionava di fronte alle responsabilità. A Bolognano, infine ha vissuto in semplicità e modestia da buon religioso, dirigendo il canto quando si presentava l’occasione, fino a quando il Signore è passato a raccoglierlo.

Scriveva, in una sua lettera al Provinciale al momento di lasciare gli impegni nel decanato di Mori, che si deve fare conto delle forze di cui si dispone. Nel bolognese  aveva avuto tanto lavoro soprattutto  negli ultimi tre anni, quando si era assunto il compito della costruzione di «una chiesetta nuova presso il laghetto alpino» accompagnato  – sono sue parole – sempre da discreta salute e dalla stima della gente «nonostante i miei limiti».

Di questa stima testimonia una raccolta di firme della gente del castiglionese al momento in cui p. Pietro Cavazza gli aveva chiesto la dolorosa obbedienza di lasciare quella sua comunità di Castiglione e la parrocchia di San Michele Arcangelo di Le Mogne. Non sono infrequenti nella piccola storia delle comunità parrocchiali e religiose queste iniziative “firmate” dei fedeli delle parrocchie che hanno visto un sacerdote fare un tratto di strada con loro. Occorre considerarle con cordialità per chi le promuove e anche per chi, consapevole o inconsapevole, le motiva. Sempre esprimono considerazione, stima, ringraziamento per ciò che la gente ha visto e di cui ha tratto beneficio.

Una grande foto presente nella cartella personale di p. Ambrogio lo ritrae in ginocchio davanti al card. Giacomo Lercaro al momento dell’unzione delle mani il giorno dell’Ordinazione.  Aveva qualche tempo prima, in una lettera non datata, manifestato le sue preferenze apostoliche: l’insegnamento e il compito di direttore spirituale, precisando però che si trattava di «semplici tendenze personali». Qualche difficoltà aveva sottolineato circa l’Apostolato in parrocchia, ma si diceva  disposto a svolgere la sua attività futura «in qualsiasi luogo sia pure in Argentina o Mozambico» anche se per «il Mozambico, a dire la verità, avrei alcune difficoltà riguardanti la salute, il carattere e la mia famiglia».

Si affidava all’aiuto del  Sacro Cuore di Gesù e del Cuore immacolato di Maria per «essere pronto a qualsiasi disposizione » potesse essere presa a suo riguardo dai Superiori.

La sua vita ha indicato il permanere di questa disponibilità interiore.

Il funerale è stato celebrato a Bolognano mercoledì 20 alle ore 10.

Le ceneri sono state in seguito  tumulate a Riva del Garda nella tomba dei genitori.    ***


Omelia del funerale di p. Ambrogio Bottesi           

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (8,31-39)
Salmo 62 (63) Rit: Ha sete di te, Signore, l’anima mia
Dal vangelo secondo Matteo (10,5-32)

Carissimi familiari, parenti e amici di p. Ambrogio,

carissimi confratelli,

la fede nel Cristo risorto ci ha portati nuovamente qui per salutare il nostro caro p. Ambrogio. Siamo riuniti per celebrare la grandezza dell’amore di Dio che si è fatto presente anche nella vita di p. Ambrogio.

Una vita dedicata per molti anni alla missione all’apostolato. In una lettera alla fine del corso di studio quando, come si legge, è “ormai prossima la mia destinazione ad un campo di lavoro nell’apostolato diretto”, p. Ambrogio si affidava al “Cuore di Gesù e al Cuore Immacolato di Maria per essere pronto a qualsiasi disposizione dei superiori”: è la grandezza dell’amore di Dio che spinge ogni scelta della nostra vita come battezzati e consacrati, che da ragione ad ogni dono di vita.

Questa disponibilità ha condotto p. Ambrogio a percorrere strade – “strada facendo” abbiamo letto nel Vangelo – che lo hanno portato dal Mozambico (anche se per altro aveva manifestato alcune difficoltà a questa destinazione a causa della salute) alla Germania – dove ha condiviso la vita con gli italiani lì emigrati – all’Appennino emiliano e infine nella Diocesi di Trento. Strade diverse, gente diversa per lingua, cultura, abitudini, esperienza religiosa. Strade percorse per amore “nonostante i miei limiti” come ha scritto in una sua lettera.

«Chi ci separerà dall’amore di Cristo?» è la domanda della lettera ai Romani. È la domanda che tutti noi, con p. Ambrogio, ci dobbiamo o possiamo fare. Perché qui siamo al centro della nostra vita cristiana, consacrata e dehoniana.

L’amore di Dio per me, per ogni persona è l’essenziale. L’amore per l’altro, ogni altro, è l’essenziale. L’amore ricevuto dall’altro è essenziale.

Per noi Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù al centro della vita, prima che della predicazione, c’è l’amore di Gesù che ha tanto amato il mondo da dare la sua vita in riscatto per tutti. Un’offerta che chiede a noi abbandono, perché il suo amore vale più della mia vita. È stato vero per p. Ambrogio quanto abbiamo pregato nel salmo 62: «Poiché il tuo amore vale più della vita, le mie labbra canteranno la tua lode. Così ti benedirò per tutta la vita :nel tuo nome alzerò le mie mani. Come saziato dai cibi migliori, con labbra gioiose ti loderà la mia bocca».

Anche oggi, insieme, ripetiamo che “Dio è per noi”, “intercede per noi”. È con questa fiducia che affidiamo a Lui il nostro fratello Ambrogio. Lo ripetiamo anche in tutte le situazioni segnate dalla sofferenza e dalla morte, quelle situazioni che non ci piacciono e non accettiamo a cuor leggero. Lo ripetiamo come “grido di fede” che sgorga dal cuore e dalla vita di chi ha cercato di fare della propria vita un dono d’amore per i fratelli nel nome di Dio.

Noi tutti siamo chiamati e inviati nella nostra vita quotidiana a fare in modo che l’amore del Padre per ogni uomo non sia mai dimenticato e non resti vuota parola. Perché la vita donata per amore è sorgente di vita ulteriore, che sana le ferite personali e sociali. È questo quello che ogni giorno dobbiamo desiderare: «diventare come il Maestro», facendo di lui il nostro termine di paragone, pur riconoscendoci sempre in cammino. È questa tensione che il Vangelo sempre ci chiede.

Ciascuno di noi, con le proprie qualità e limiti, è chiamato a riconoscere il proprio valore, il significato profondo della propria vita: “Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!” “perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati”. P. Ambrogio si è votato alla missione, con coraggio, nonostante le proprie paure, resistenze, difficoltà. Fino a quando la salute lo ha sostenuto.

Ti offriamo, Cuore di Gesù, il nostro cuore capace di contemplarti e capace di riconoscere che il tuo amore vale più della vita: un cuore d’uomo, fragile, ma che riconosce di “valere” per il Padre, condividendo parte della Tua straordinaria capacità di dono. Ti offriamo, con p. Ambrogio, la capacità di dono e abbandono che è in ciascuno di noi e che ha accompagnato i suoi anni. Tutti i suoi giorni, non solo quelli vissuti come missionario del tuo Vangelo, ma anche quelli segnati dalla fragilità della malattia.

Grazie p. Ambrogio. Il Cuore amorevole di Cristo ti accolga nella sua pace. Amen.

Oliviero Cattani, scj
superiore provinciale

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