Fraternità e accoglienza

Preceduta dai fatti, la Fraternità Tuscolano 99 (Corticella) ha aperto anche formalmente la propria accoglienza nella festa del Sacro Cuore (24 giugno).

La cornice dei girasoli

Il tramonto è lento e lontano ancora. Un taglio di luce attraversa il cortile della Casa Don Giuseppe Nozzi, tra la Casa di Accoglienza e la Cappella della Misericordia, andando a illuminare la Casa della Fraternità e la Casa del lavoro.

La luce e tutto il caldo sembrano prendere di mira il piccolo gruppetto di animatori (in realtà animatrici: Anita, Chiara e Viviana) che stanno testando il sound-check.

Nel cortile si sta raggruppando l’assemblea per la celebrazione della messa nella Festa del Sacro Cuore. Alcuni stanno entrando ora dal cancello aperto sulla strada, altri risalgono dalla sala della Casa di Accoglienza dove hanno regalato il loro ascolto alla meditazione preparata dalla Fraternità Tuscolano 99 su Il Sacro Cuore: lo stile cordiale dell’accoglienza.

Contando le nostre forze avevamo mandato l’invito a 150. Quando a fine serata il cortile si sarà svuotato ne avremo contati almeno 200. Fortunatamente in molti si sono sentiti comunque invitati, come era nostro desiderio.

Celebrazione eucaristica nella festa del Sacro Cuore

La celebrazione eucaristica doveva essere presieduta dal provinciale, il p. Enzo, ma una febbre improvvisa lo ha trattenuto prudenzialmente a letto.

Presiede p. Maurizio. Qualche difficoltà all’impianto di amplificazione è un buon motivo per spalmare silenzio e far drizzare le orecchie.

È la “messa dei girasoli”. Non solo per la maestosa cornice dei fiori che sembrano essersi dati appuntamento con noi per questa festa. Ma anche perché i partecipanti si aggiungono, portando la sedia là dove si annuncia l’ombra.

La pelle è benedetta da un venticello ruffiano che allenta la canicola. Il cuore è benedetto dalla Parola della liturgia che annuncia la misericordia di Dio in Gesù: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova?». Di noi probabilmente nessuno, ma nel Regno del Sacro Cuore funziona così. E noi siamo chiamati a essere “pastori secondo il suo Cuore”.

La mente corre a un parallelismo irriverente: nella Casa circondariale poco lontano, alla Dozza, ci sono ottocento persone detenute. Alla Casa Don Giuseppe Nozzi possiamo ospitarne otto: uno su cento… Il parallelismo zoppica da tutte le parti, ma è impossibile non inciamparci contro.

Con il canto finale, il solstizio d’estate allenta la presa, “le ombre si distendono, scende ormai la sera” e si accendono i saluti di quelli che sono ancora in arrivo.

La Cappella della Misericordia

C’è un certo assembramento attorno alla Cappella della Misericordia, che, come i girasoli a contorno, dispiega tutta la sua bellezza. Cosa non si può fare con quello che altri scartano, adoperandosi con un poco di misericordia: misericordia, il cuore rivolto ai miseri. Anche questo è mistero del Sacro Cuore che prende carne oggi.

Dopo la missa la festa prosegue con la mensa. Un buffet estivo e suggestivo preparato con gusto ed eleganza dai nostri amici ormai esperti in eventi: Carmela, Bettina, Francesco e una decina di altri generosi.

«Sì, io mi fermo qui, qui dove vivi tu», cantano Giuseppe e Mimma (e Silvano, Anita, Maurizio…) al karaoke mentre si accendono le luci che trattengono la festa in cortile. Si sta benissimo alla Casa Don Giuseppe Nozzi in questa serata complice.

S’è fatto piuttosto tardi quando bisogna sgomberare il cortile e predisporre per la seconda puntata della festa.

L’attesa nel mattino di una nuova festa

Il sabato 25 mattina infatti il focus si è posato sui progetti ospitati dalla Casa Corticella, la Casa di accoglienza. Si è cominciato nell’aula bunker della Casa circondariale con una tavola rotonda raccolta attorno al titolo Perché ne valga la pena.

Impresa e cooperazione sociale si sono date appuntamento per sottolineare e incoraggiare quanto si sta facendo per il reinserimento delle persone detenute.

Fare Impresa in Dozza (FID) celebrava il 10° anniversario di attività dell’officina metalmeccanica allestita all’interno della Casa circondariale. Le tre maggiori aziende bolognesi nel campo delle macchine automatiche per il packaging – GD, Marchesini e IMA – concorrenti sul mercato, si sono associate per creare posti di lavoro effettivi per chi si trova in carcere. Non solo, il rapporto di lavoro, regolarmente inquadrato, normalmente trova continuità in una delle aziende consociate al termine dell’esecuzione penale.

Casa Don Giuseppe Nozzi è stata inaugurata ufficialmente, a qualche mese dall’inizio della sua attività, dal nostro arcivescovo, il card. Matteo Zuppi che ha voluto e sostenuto il progetto.

Il CEIS, al quale è affidata la conduzione dell’insieme, si impegna a costruire un percorso di reinserimento, al quale sono essenziali l’autonomia abitativa e lavorativa.

Al di là delle occasioni celebrative, l’appuntamento del 25 ha voluto essere un’occasione per affrontare i due passaggi più scoperti ed essenziali a un effettivo reinserimento delle persone detenute: lavoro e casa.

Così, al termine della tavola rotonda, gli invitati sono convenuti alla Casa Don Giuseppe Nozzi per il “taglio del nastro” da parte dei due Matteo: il vescovo Zuppi e il sindaco Lepore.

È stata una piacevole sorpresa vedere … la sorpresa delle numerose “autorità” presenti davanti all’ambizione del progetto e alla bellezza dei primi passi posti con l’avviamento della Casa Don Giuseppe Nozzi.

Ampia la copertura data all’evento dai media. Incoraggianti e lusinghiere le valutazioni che sono state espresse.

Tra tutte, una ci ha particolarmente remunerati. Il vescovo Matteo ha messo in evidenza che il valore aggiunto del progetto è costituito dalla presenza della Fraternità. Segno che alle persone ospitate si vuole sì offrire anzitutto un futuro di dignità, ma anche un presente fatto di accoglienza fraterna, di relazioni sane e liberanti.

Abbiamo cercato di far passare il messaggio che iniziative come la “nostra” rispondono meglio della pura detenzione alla finalità “rieducativa” della pena (art. 27 della Costituzione) e tuttavia sono consegnate per intero alla generosità del privato sociale. È giustizia mettere le istituzioni davanti alla responsabilità di una distribuzione più equa e più efficiente delle risorse, anche economiche. Il sistema carcere assorbe una quantità ingente di risorse con scarsa efficienza in ordine al reinserimento. Le misure alternative, come quelle ospitate alla Casa Corticella, ne impegnano meno di un terzo con un’efficienza di gran lunga superiore. Documentata. Il sistema dei servizi sociali ne riconosce indirettamente la validità perché vi cerca in misura crescente il sostegno. Senza però che vi corrisponda un riconoscimento effettivo destinandovi le risorse necessarie perché possano operare.

Ci siamo riproposti, insieme a FID, di andare oltre il momento celebrativo e, nel prossimo autunno, convocare di nuovo le istituzioni attorno al tema, per un’assunzione coerente di responsabilità.

Nonostante il sole cocente del mezzogiorno, molti si sono trattenuti oltre il “rinfresco” offerto da Marchesini Group, restituendoci un segno di apprezzamento per l’iniziativa. Quella consumata nella mattina del 25 e quella che ora prosegue fiduciosa. Perché ne vale la pena.

Marcello Matté

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