Fr. Pietro Morandini

Fr. Pietro Morandini

della comunità di Bolognano
Nato 17.06.1929, Professo 29.09.1950, Deceduto 12.11.2018

Moranndini Pietro

Nato il 17 giugno 1929 a Bienno, provincia e diocesi di BS, il Religioso fratello PIETRO (Pierino) MORANDINI  era stato battezzato nella Parrocchia di SS. Faustino e Giovita due giorni dopo e nella stessa chiesa parrocchiale aveva ricevuto la Cresima il 27.07.1937 provenendo dalla scuola dei Fratellini era stato ricevuto postulante ad Albino il 19.03.1949 e novizio ad Albisola il 28.09.1949. Sempre ad Albisola aveva emesso la prima professione il 29.09.1950 ricevendo il nome di Giovanni Bergmans.

Le sue rinnovazioni annuali furono ad Albino il 29.09.1951, Albisola il 29.09.1952. Sempre ad Albisola emise i voti perpetui il 29.09.1953,

Nell’Istituto era stato destinato con vari incarichi in diverse case: ad Albino (1951-1958), a Bologna Studentato per la tipografia (1959-1964), a Padova I (1965-69), a Castiglione dei Pepoli con l’incarico di economo nel periodo 1970-1974, passando quindi a Boccadirio dal 1975 al 1976). Con l’incarico di economo era stato quindi a Milano II nel sessennio 1977-1983). Nell’anno 1984 era stato destinato una prima volta a – Saviore dove rimase  fino al 1993 per passare quindi nel 1994 a Padova in qualità di economo fino al 1995. Destinato alla casa di Bolognano dal 1995 al 1999 aveva per la seconda volta ricevuto la destinazione alla casa di Saviore per un triennio di economato. Trasferito ad Albino rimase in quella casa  dal 2002 al 2006, venendo nuovamente destinato a Saviore dal 2006 al 2011, anno in cui l’opera di Saviore venne chiusa (28 agosto 2011).

Dal settembre dello steso anno era stato destinato alla casa di Bolognano, sua ultima residenza religiosa dove sorella morte gli si sarebbe fatta gradualmente incontro per accompagnarlo poi al Signore la mattina del 12 novembre  Una lettera di destinazione del 2006 lascia intuire  che era stato lui stesso a manifestare il desiderio di essere destinato a Saviore cordialmente accolto dai confratelli di quella casa. Scriveva l’allora provinciale  che la sua «presenza a Villa s. Cuore sarà preziosa anzitutto in ordine alla vita comunitaria; essere in tre è, in certi momenti, molto diverso che essere in due».

Dal Provinciale non gli era stato dato alcun ufficio specifico, ritenendo tuttavia che i confratelli avrebbero gradito molto la sua collaborazione per tutte quelle realtà che, a loro parere, saranno utili alla vita comunitaria e all’accoglienza. Per questo, soprattutto per la dedizione e il servizio fino ad allora assicurati e per quanto ancora avrebbe potuto fare, lo si ringraziava.

Anche quando venne destinata la sorte (chiusura) della Villa Sacro Cuore, l’ultimo giorno del mese di giugno 2011, complimentandosi per il modo in cui portava la sue età l’allora provinciale gli aveva anticipato di volere tenere presente l’indicazione da lui avanzata circa la propria destinazione a Bolognano, una volta provveduta la sistemazione logistica del tanto materiale presente nella casa di montagna (attrezzature varie, altri beni mobili, organo, biblioteca, Tv, fotocopiatrice).

Ci avrà ripensato negli anni di Bolognano a quel “San Martino” che si era svolto anche con la sua collaborazione a Saviore dell’Adamello. I monti che vedeva da quella casa non erano più gli stessi che vedeva a Bolognano negli ultimi anni di vita. I ricordi dei suoi ripetuti spostamenti Da Bienno ad Albino, dalla Liguria alle Prealpi orobiche, dall’appennino Tosco Emiliano monti del gruppo dell’Adamello e, infine, a quelli dell’Oltre Sarca hanno mantenuto il suo imprinting iniziale fino al ritorno in quel di Bienno il 15 novembre con la gente del suo paese natale e i confratelli a fare gruppo intorno al Provinciale.


V.C.J – P.C-M.

«Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

Ringrazio il S. Cuore di Gesù di avermi concesso la grande grazia della vocazione religiosa e in particolare di avermi fatto vivere nella congregazione dei Sacerdoti del S. Cuore. P. Leone Dehon.

Non voglio lasciare parole di testamento chiedo solo perdono al S. Cuore di Gesù per non avere corrisposto fedelmente al grande amore che Egli certamente con le sue grazie ha voluto mostrarmi-

Ai confratelli per i cattivi esempi che ho potuto dare.

Ringrazio il S. Cuore per tutte le grazie che mi ha voluto dare e chiedo umilmente perdono di tutti i peccati commessi durante la mia vita.

Credo e spero nella bontà e misericordia Sua. Non voglio fiori o altro, ma S. Messe e preghiere di suffragio per l’espiazione di penitenze che in vita non ho fatto, che per la sua misericordia e bontà infinita mi sia rimessa dopo la morte, per potere godere della visione beatifica del Cuore di Gesù.

Gesù confido in te.

La Vergine Maria madre amorosa di tutti gli uomini perché tutti redenti dal suo figlio Gesù e San Giuseppe protettore dei moribondi mi siano di aiuto per una santa morte.

Un grazie a tutti i confratelli, amici e parenti.

Arrivederci a godere della bontà infinita del S. Cuore di Gesù».

F. Pierino Morandini, Albino 01.10.02[1]


Omelia per le esequie di fr. Pietro Morandini

Bienno – 15 novembre 2018, ore 15.00

Rm. 8,14-23 – Lc 12,35-40

Diamo il nostro ultimo saluto a fratel Pierino celebrando l’eucaristia, sacramento che rende presente il Cristo risorto, al quale lo affidiamo perché sia accolto definitivamente nella comunione con Dio.

Ci sostiene la certezza che s. Paolo ci consegna nella prima lettura: siamo abitati e guidati dallo Spirito Santo. È lui che, dentro di noi, grida: «Abbà, Padre!» e, nel tempo di tutta una vita, ci permette di crescere progressivamente nell’identità di figli di Dio.

È così: non siamo schiavi, ma figli ed eredi.

Dio Padre ci ha donato il Figlio, incarnato nella nostra storia, perché possiamo scoprire, guardando a lui, che cosa significhi essere figli di un Dio che è Padre, e non padrone. E la libertà con cui Gesù di Nazareth si è mosso nella sua vita, è ciò che ha affascinato fratel Pierino, come ognuno di noi, e ha suscitato la decisione di seguirlo nella vocazione di consacrazione.

Gesù ha saputo riconoscere ovunque – in ogni circostanza, positiva o negativa, della vita e in ogni persona – la bellezza dell’opera creatrice del Padre; ha saputo entrare in modo sempre più consapevole e profondo nel mistero di amore misericordioso del Padre, di cui si è fatto espressione tanto viva da divenire eucaristia, sacramento di vita donata affinché per ogni uomo sia certa la vita eterna.

Siamo figli, dunque, e nulla e nessuno potrà mai toglierci questa dignità, questa impronta divina che vive dentro di noi per lo Spirito di Dio donatoci dal Padre.

Ma se siamo figli – aggiunge s. Paolo – siamo anche eredi. A questo tratto caratteristico della nostra identità di figli, probabilmente, non sappiamo bene che senso dare. Che cosa significa essere eredi di Cristo? Eredi di che cosa?

San Paolo ci aiuta a capirlo, indicandoci il mistero della passione/morte/risurrezione di Gesù: parteciperemo alla sua gloria se sapremo prendere parte alle sue sofferenze. Questa indicazione non ci viene data da san Paolo come invito a sopportare il dolore, fisico o morale che sia, senza lamentarci. La sua è un’implicita esortazione a saper riconoscere che ogni circostanza in cui ci troviamo a vivere – triste o felice, gioiosa o dolorosa – è occasione buona per esprimere la nostra libertà di metterci al servizio della vita, di dare un senso salvifico alla nostra storia quotidiana. È l’invito a entrare nell’atteggiamento stesso di Gesù, che ha saputo interpretare anche il momento più terribile della sua vita – quello del tradimento, dell’ingiustizia, dell’incomprensione – non come un motivo per lasciarsi andare allo sconforto, ma come decisione di essere e rimanere, anche in quel momento, un segno dell’amore misericordioso del Padre offerto a tutti, compresi coloro che lo uccidevano. È questa l’eredità nella quale è tanto necessario entrare per sperimentare la vera libertà dei figli di Dio, quella libertà che ci permette di essere segno dell’amore di Dio.

Questa libertà – ce lo ha detto il brano evangelico – ci chiede di essere vigilanti. Non solo perché non sappiamo quando il padrone ritornerà, ma soprattutto per nutrire questa libertà di figli e non tornare a vivere come schiavi. Per questo Gesù dichiara “beati” i servi che troverà “svegli”…

Nel corso degli anni, anche fratel Pierino ha imparato a misurarsi su questi criteri, essenziali per la vita di un cristiano e di un consacrato. Non lo ha fatto in termini teorici, ma nel concreto, esprimendo una coscienza consapevole di avere fatto tanto, ma anche di aver bisogno di tanto perdono, come dice nel suo testamento spirituale.

Pur passando attraverso tante tensioni ha appreso nel tempo ad alzare lo sguardo e imparare a leggere la realtà alla luce della libertà di figli. Le tante case che lo hanno visto attivo nel servizio dei fratelli con semplicità e dedizione testimoniano la sua disponibilità a fare quel che era necessario e richiesto in quel momento dai superiori. Per ben tredici volte ha fatto le valige e ha detto il suo «Eccomi!», andando dove i superiori lo inviavano.

Ha amato soprattutto Saviore e, alla fine, ha scelto con umiltà la casa di Bolognano, dove ha trascorso gli ultimi anni della sua vita e dove, lunedì mattina, ha consegnato il suo spirito nelle mani del Padre.

Anche oggi, come ogni volta che nella fede salutiamo un fratello tornato al Padre della vita, esprimiamo nel sacramento eucaristico il nostro “grazie” a Dio per avercelo donato. Tutto ciò che abbiamo vissuto nella relazione con lui – il positivo e il negativo, le gioie e i dolori, le soddisfazioni e le tensioni – è parte dell’unico mistero di vita e di grazia che tutti dobbiamo imparare ad accogliere ogni giorno.   Ricordando fratel Pierino, e riconsegnandolo nella fede a Lui, accogliamo l’invito del Signore a corrispondere a questo mistero di bene senza mai sottovalutare nulla nella nostra vita, neppure le difficoltà e il dolore, perché anche attraverso di esse si compie la nostra rivelazione di figli di Dio, la serietà della nostra appartenenza a Lui, si costruisce il suo Regno.

P. Renzo Brena scj


Messaggio di p. Antonio Panteghini, letto durante il funerale[2]

Carissimi familiari di Fr. Pierino, carissimi compaesani,

mi unisco a voi per dare l’ultimo saluto a Fratel Pierino Morandini.Mi unisco alle vostre preghiere per il riposo eterno della sua anima.

Fratel Pierino, con P. Giuseppe Morandini, è anche lui all’origine della mia scelta di vita religiosa nella Congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore. Li ho sempre presenti quando io bambino li vedevo arrivare in chiesa con la veste talare e formare un gruppo allegro con don Giacomo Pedretti.

L’ho poi ritrovato ad Albino, aveva già fatto la scelta di essere religioso fratello. Era impegnato nella prima tipografia dehoniana, che evolverà poi diventando la struttura base delle Edizioni Dehoniane di Bologna.

Ha lavorato in tipografia per tanti anni, passando poi ad altre mansioni a servizio di varie comunità.

Grande lavoratore, pieno di brio, allegro e scherzoso con tutti. Era un elemento importante per il buon clima in ogni comunità dove è passato. Semplice e per niente complessato davanti a confratelli preti o professori. Ha dato il meglio di se stesso in ogni ambiente dove ha vissuto.

L’ho visto l’ultima volta lo scorso anno durante una breve visita alla Casa di Riposo di Bolognano. Era sempre lui, allegro, scherzoso e che si muoveva bene con un semplice bastone.

Non sapevamo che era l’ultima volta che ci vedevamo, ma eravamo, contenti del nostro incontro. Informazioni rapide, incoraggiamento reciproco, e poi ciascuno a continuare la sua vita. Lui è partito per la Casa del Padre prima di me.

Sono certo che continuerà a seguire la mia vita missionaria e pregherà per me. E pregherà per Bienno  che ha sempre amato e al quale tornava con grande piacere. Ora ci è tornato definitivamente e siamo sicuri e che ci protegge tutti. Riposi in pace.


[1] Testamento rinvenuto a Bolognano.
[2] P. Antonio Panteghini, già Superiore generale attualmente missionario in Camerun.

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