70° alla Botte di Salvaro

Quel 1° ottobre 1944 non correva l’acqua, come al solito, alla Botte di Pioppe di Salvaro. C’era soltanto della melma sul fondo del pozzo della canapiera. «Affondo in un abisso di fango, non ho nessun sostegno» recitava il Salmo scelto per la celebrazione eucaristica a commemorazione delle vittime dell’eccidio nazifascista. «Liberami dal fango, perché io non affondi», invoca il medesimo Salmo qualche passo più in là. Lo ha sottolineato p. Oliviero nell’omelia: i progetti dei malvagi hanno spinto quelle 45 vite senza più sostengo dentro un abisso di fango. P. Martino Capelli, dehoniano, e don Elia Comini, salesiano, con loro, pur avendo avuto l’occasione di sottrarsi. Hanno dato la vita per restare solidali alla loro gente. Come Cristo. La carità di quel gesto, sacramentalmente unito a quello di Cristo, ha riscattato tutti dal fango e ha impedito che quella vicenda affondasse nella melma degli inferi. «Dalla Pasqua di Cristo, i forti non vincono mai».

Oggi invece l’acqua corre abbondante alla Botte. E il rumore di quel torrente che lava via tutto copre la voce di chi dà parole alla memoria. Sia acqua che purifica la nostra memoria e le nostre parole. Non acqua che spazza via la memoria di quegli eventi, come 70 anni fa disperse per sempre i corpi delle vittime (ai familiari era stato perfino impedito di seppellire, violenza nella violenza). Per quanto tumultuosa, non potrebbe mai sopraffare il ricordo; per quanto rumorosa, non potrà mai coprire la voce: «Liberaci dal male, Signore, perché non affondiamo».

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