È domenica 3 agosto 2025. Sono tornato esausto dalla veglia e messa con papa Leone da circa 2 ore. Mi viene chiesto di scrivere due righe di impressioni sul Giubileo dei Giovani. Lo faccio volentieri. Tutto ciò che segue è, quindi, la troppo confusa e disarticolata condivisione di pensieri in libertà.
Come una GMG, ma più piccola
Quando papa Francesco, il 6 agosto 2023, ha annunciato il Giubileo dei Giovani ad agosto del 2025, a me sembrava un po’ “costretto”. Tant’è che ha dato l’informazione a margine dell’annuncio che – forse – più gli interessava: la GMG a Seoul nel 2027.
Il Giubileo si è presentato come un intermezzo tra i più importanti eventi mondiali per i giovani cristiani, almeno da un punto di vista di numeri e di copertura mediatica. Per questo, quando qualcuno chiede «cos’è il Giubileo dei Giovani?», rispondo – e non ero il solo – «come una GMG, ma più piccola». Una semplificazione, certo, ma che arriva al punto.
E in effetti non mi sono sbagliato di molto. I numeri del Giubileo di quest’anno hanno confermato la presenza di circa un milione di giovani, ovvero la metà di quelli alla GMG di Lisbona (e chissà quanti saranno a Seoul, visto che l’altra GMG fatta in Oriente, Filippine 1995, registrò il record di cinque milioni di partecipanti).
Inoltre, gli eventi per Roma nei giorni precedenti alla veglia sono stati in tono chiaramente minore rispetto a una GMG. Certamente, però, questo calo di entusiasmo nelle proposte è stato compensato dalla città stessa, che ad ogni angolo fornisce squarci di storia, di spiritualità, di arte.
Accoglienza ottima e confusa
Complice la morte di papa Francesco, l’organizzazione del Giubileo si è rivelata un po’ lenta e confusa nel fornire le informazioni, che arrivavano centellinate attraverso mail o via app (che traballava un po’ dal punto di vista della funzionalità).
Tuttavia una volta a Roma l’organizzazione si è dimostrata efficiente e anche semplice: ritiro pass, pasti, permessi… sono quelle cose che normalmente mi mettono ansia quando devo accogliere un gruppo. Ma in realtà è filato tutto liscio.
Veglia
La grande veglia con il papa è sempre la punta dell’iceberg, la boa di superficie del funzionamento di un evento come il Giubileo dei Giovani. Io ne ho fatte altre due, alla GMG a Madrid nel 2011 e a Lisbona nel 2023. Direi con buona sicurezza che, dal mio punto di vista, questa è stata la migliore.
Eravamo in meno partecipanti, il prato di Tor Vergata si presta molto bene, il clima ha aiutato e l’organizzazione è stata – anche qui – semplice e funzionale. Dettagli come il volume dell’audio, la visibilità dei maxischermi… non sono più dettagli quando il cuore della veglia è ciò che dice il papa e – ancora più importante – l’adorazione eucaristica, che ciascun pellegrino è chiamato a seguire con attenzione.
La struttura della veglia in sé è stata semplice e ha ricalcato quelle di Giovanni Paolo II (ricordo che quella del 2000, sempre a Tor Vergata, aveva una struttura simile). Tre domande iniziali di giovani da tutto il mondo poste al papa, che risponde per lungo tempo, destreggiandosi magistralmente in italiano, inglese e spagnolo.
Poi un tempo cospicuo di adorazione eucaristica silenziosa (con canti e musiche suonati dal vivo, in sottofondo). Benedizione e tutti a letto. Oddio, a letto no: i vari gruppi hanno continuato fino alle 3 di notte a suonare, ballare, fare casino. Ma ci sta: sono giovani (ed è bello così).
Papa Leone – accolto con grande calore dai giovani – aveva scritto i suoi interventi, che sono risultati in tal modo precisi, ma a tratti un po’ distaccati. Siamo lontani, nel bene o nel male, dai neologismi a braccio di papa Francesco. Interessante la continua presenza di tre elementi: 1) centralità di Cristo («siate amici di Gesù», «lui vi può davvero aiutare»), 2) citazioni agostiniane (in ogni risposta ce n’era almeno una), 3) urgenza della pace. Sono molto ignorante a tal proposito, ma i discorsi cristocentrici giovanili mi sono parsi una eco dei discorsi di Giovanni Paolo II.
Bisognerebbe fare un’analisi sinottica dei due discorsi di Tor Vergata del 2000 («spalancate le porte a Cristo!») e del 2025 («volete incontrare veramente il Signore Risorto? Ascoltate la sua parola, che è Vangelo di salvezza!»). Chissà, magari può essere interessante farla nei giorni prossimi…
Vorrei fermarmi un attimo sulla liturgia. Ho avvertito, come già al Giubileo degli Adolescenti di aprile 2025, una certa schizofrenia. Non tanto tra il casino della veglia e il silenzio dell’adorazione eucaristica (momento realmente suggestivo, dove il Protagonista della veglia si è finalmente rivelato), ma tra il casino della veglia e i canti di Frisina.
Mi spiego meglio, non voglio essere frainteso. I canti sono stati bellissimi, da un punto di vista strettamente tecnico e artistico. Dirigeva il maestro Frisina in persona. Ma i giovani li hanno percepito lunghi e noiosi, visto il poco ritmo e il troppo frequente uso del latino. Sono canti che inneggiano o alla gloria di Dio (e della chiesa) o alla meditazione.
La dimensione della festa era lasciata quasi interamente al casino dei giovani (e di quello ce n’è stato fin troppo). Non siamo più in grado, come chiesa, di intercettare il “fare festa” dell’uomo? In realtà, se ci penso bene, tutta la parte prima della veglia, durante il pomeriggio di ieri, è stata animata da gruppi musicali christian rock o pop. Forse questa è, oggi, la “festa cristiana”. Non lo so.
Infine, come dicevo, l’uso del latino. A Lisbona 2023 non si era usato così tanto latino. Questa volta, per il Giubileo, se n’è abusato. Che la messa degli adolescenti il 27 aprile venga introdotta dal rosario in latino – per «favorire il clima di preghiera» dei dodicenni – rasenta il ridicolo. Quasi tutti i canti della messa di stamattina a Tor Vergata erano in latino.
Non ho nulla contro il latino in sé, ho qualche dubbio sull’efficacia del suo utilizzo quando si parla di target giovanile. E la questione dell’uso del latino in quanto “lingua universale”, onestamente, non regge più.
Giubileo educativo?
Dal punto di vista educativo i discorsi del papa, profondi e suggestivi, ahimè non bastano. Ho intervistato i giovani con me. Hanno colto l’importante di essere amici con Gesù, perché questo aiuta nelle scelte della vita. Ma nei loro occhi resta la domanda: come?
Penso che ora il lavoro importante cada sugli educatori dei singoli gruppi, sui catechisti e sui religiosi, religiose e preti incaricati di questo servizio. Come al solito bisognerebbe riprendere queste provocazioni e aiutare i ragazzi a spezzarle nella ruvida concretezza della loro quotidianità.
Me le energie mancano. Ed è più comodo pensare che la veglia abbia un’efficacia “di per sé”. Ma di per sé la veglia porta un grande bagaglio emotivo, tanta stanchezza, nulla (o poco) di più. Certamente è una grande emozione sentire che si applaude in un milione al papa. Ma mi permetto di nutrire qualche dubbio sull’utilità a lungo termine di questa cosa.
Bisognerebbe puntare alla ferialità, non all’eccezionalità. O, meglio, alla complementarietà tra queste due dimensioni. Ma qui entra in ballo l’importanza della vita comunitaria come unione dei due elementi e alla fine sono di parte… quindi mi fermo.
Più interessanti le proposte nei giorni precedenti, in giro per Roma. Io, ad esempio, tra le altre cose sono stato a visitare le «camerette» di sant’Ignazio di Loyola accanto alla chiesa del Gesù. Volontari di Pietre Vive e di Magis guidavano gruppi all’interno, spiegando dal punto di vista storico e spirituale. Molto interessante e pure bello da vedere. Di piccole cose come queste ce n’erano tante per Roma: probabilmente la parte effettivamente più costruttiva.
Snippet: Dal punto di vista educativo i discorsi di papa Leone ai giovani, profondi e suggestivi, non bastano: devono essere accompagnati nella vita quotidiana.
Marco Mazzotti
Pubblicato su SettimanaNews il 4 agosto 2025.
No responses yet