Esperienza in Equador

Oggi è il 16 agosto. Sono trascorse esattamente due settimane dal momento in cui abbiamo messo piede per la prima volta sul suolo ecuadoriano. Non sarà una frase particolarmente originale, ma questi primi quattordici giorni sono sembrati letteralmente volati via per tutti quanti noi.

Dopo un viaggio arricchito da qualche imprevisto (leggasi notte a Parigi a spese della compagnia aerea, poteva andarci peggio), all’aeroporto di Amsterdam abbiamo incontrato Ellen e Isabel, le due ragazze tedesche che stanno condividendo questa esperienza insieme a noi, prima di volare in direzione Sudamerica. In totale, trascorreremo più di un mese a Bahía de Caráquez, città situata costiera che affaccia sull’oceano Pacifico.

Esperienza in Equador 2018Fin dal primo istante siamo stati accolti nel migliore dei modi tanto dai religiosi quanto dalla comunità locale, e a dimostrazione della grande disponibilità nei nostri confronti padre Jonathan,  missionario orgogliosamente basco, ci è venuto a recuperare all’autostazione alle 2 di notte. Della parrocchia del Sagrado Corazon fanno parte insieme a lui anche Bruno ed Edson, che invece sono di origine brasiliana. Al nostro arrivo siamo stati accompagnati all’Iglesia San Jorge, a fianco della quale si trova l’appartamento dove alloggiamo noi quattro volontari. E’ provvisto di tutto il necessario e i padri non ci hanno fatto mancare niente; non avremmo potuto chiedere di più né sperare in un inizio migliore.

I primi giorni siamo stati quasi “obbligati” a prenderceli di vacanza, ma l’intenzione era quella di farci ambientare e prendere confidenza con la cultura e lo stile di vita locali prima di intraprendere la nostra attività. Non abbiamo opposto eccessiva resistenza e abbiamo accettato di buon grado di esplorare Bahia e i suoi dintorni.

Nella prima uscita siamo stati in visita alle comunidades del campo, piccoli villaggi dell’entroterra in cui ci si occupa prevalentemente di agricoltura e allevamento. Di loro ci hanno colpito la dedizione e l’etica del lavoro, ma soprattutto la gioia con cui ci hanno accolto nelle loro case. Nonostante la povertà e le difficili condizioni di vita, dovute alla scarsa fertilità del terreno che non consente raccolti abbondanti, le famiglie che abbiamo incontrato si sono rallegrate della nostra visita e sono state felici di raccontarci la loro quotidianità. Purtroppo non abbiamo potuto fare la conoscenza del capostipite, in quanto l’arzillo 97enne si trovava nei campi a lavorare con il suo machete.

Abbiamo poi approfittato del tempo libero nel fine settimana per ammirare le onde del Pacifico e i suoi tramonti dalle spiagge di Bahia stessa e della vicina Canoa.

A inizio settimana, complice un incontro di un paio di giorni che coinvolgeva tutti i lavoratori dehoniani ecuadoriani, le attività della parrocchia sono state sospese e noi ci siamo ritrovati su un furgoncino in compagnia di una monaca spagnola di stanza a Quito, di sua sorella e della cugina. Destinazione del lunedì: Montecristi e Manta, patria dei famosi sombreri erroneamente denominati “di Panama”. Destinazione del martedì: Puerto Lopez, per ammirare le balene. Alla guida il mitico Lenin, sorta di factotum della Iglesia de la Merced, sempre in Bahia. La prima tappa ha compreso la visita al museo Alfaro, dedicato al generale liberatore dell’Ecuador e padre fondatore della nazione. Siamo così potuti venire a conoscenza della storia di questo Paese e dello spirito che ne sta alla base, e nei giorni successivi un approfondimento sulle tormentate vicende della città che ci ospita ci ha permesso di capire meglio anche la realtà in cui ci troviamo.

Bahia de Caraquez è stata vittima di ben tre terremoti negli ultimi vent’anni; quello del ’98 ha distrutto il porto e una successiva epidemia dei gamberi ha definitivamente affondato le attività di pesca nelle acque antistanti la città, che hanno deciso di spostarsi più a sud, verso Manta. La già precaria economia locale, non supportata da alcun tipo di industria nelle vicinanze, ne è risultata ulteriormente indebolita. Il recente terremoto del 2016 ha dato quello che pareva essere il colpo di grazia alla popolazione, ma sin dal nostro arrivo non abbiamo potuto fare a meno di notare come questa gente non si sia mai data per vinta, credendo fermamente ad un futuro per la propria città. Né i terremoti, né le epidemia, tantomeno l’assenza di pesca e turismo li ha fatti arretrare di un metro; Bahia rinascerà. Lentamente e con fatica, ma rinascerà.

A metà settimana è finalmente giunto il momento di cominciare il nostro volontariato. Inizialmente eravamo forse un po’ insicuri su quello che sarebbe potuto essere il nostro apporto, ma abbiamo trovato un squadra coesa di gran lavoratori che ci ha dato le indicazioni giuste e reso sin da subito parte integrante delle attività quotidiane. I bambini stessi, dopo una comprensibile fase di adattamento, ci hanno ben accettato e lavorare con loro è diventato via via sempre più semplice e più stimolante, sia per noi che per loro.

Esperienza in Equador 2018La nostra giornata tipo si svolge circa così: verso le 8.20 di mattina, anzi alle 8.20 precise, il clacson di Luis ci invita a scendere sotto casa (ci sarebbe tutto un discorso da fare sul controverso rapporto tra gli ecuadoriani e il clacson, ma lo riserviamo per un altro momento). Il suo giro comincia già un’ora e mezza prima, in quanto è suo compito passare a prendere tutti, bambini e non, per portarli all’aula Talita Kum con il furgoncino. Quest’aula è sede di un progetto dedicato a persone disabili di tutte le età in cui il nostro compito è quello di seguire e aiutare ognuno di loro in attività sia ludiche che di alfabetizzazione. Oltre alla nostra inesperienza in questo campo c’era da superare anche la barriera linguistica, particolarmente ardua soprattutto per Ellen e Isabel, ma col passare dei giorni è un problema che si sta risolvendo. Nel corso della mattinata chi vuole può dedicarsi anche al canto, al ballo e alla musica, anche se coinvolgere proprio tutti non è possibile, poiché non tutti sono interessati o in grado di svolgere gli stessi esercizi.

A pranzo ci spostiamo al comedor de la Fanca, una mensa per gli studenti delle scuole primarie e secondarie vicine messa a disposizione dai dehoniani. La quota richiesta è estremamente bassa, dato che il costo settimanale è di appena 1,5$. Lì mangiamo, ci intratteniamo con i bambini e diamo una mano sparecchiando, lavando e pulendo.

Nel pomeriggio, dopo una breve pausa caffè, ci dividiamo in due gruppi: due di noi si dirigono con Mercedes, una volontaria della fondazione Corazon solidario, a far visita alle famiglie più povere e bisognose di Bahia e a dar loro supporto di vario tipo.

Gli altri due volontari prendono parte ad un altro progetto di recente attuazione, denominato Domus Cordis. Qui il nostro lavoro consiste nell’aiutare ragazzi adolescenti con i compiti e dar loro supporto didattico. Ambientarsi è stato facile visto che la curiosità nei nostri confronti ha fatto subito prendere loro confidenza senza troppi problemi. A fine giornata ceniamo insieme e poi rientriamo a casa, spesso troppo stanchi per dedicarci ad attività extra.

Esperienza in Equador 2018Cadendo la festa d’indipendenza nazionale di venerdì, abbiamo avuto tre giorni pieni a disposizione che abbiamo deciso di investire nella visita di Quito. Il lungo viaggio notturno è sicuramente valso la pena considerata la bellezza della nostra destinazione.

Nella capitale siamo stati ospiti della casa dei dehoniani situata nel quartiere dell’Argelia, dove siamo stati accolti dai padri missionari spagnoli Pablo e José Luis. L’impressione che ci ha fatto la città è di pura meraviglia, e in particolare il panorama notturno che si poteva ammirare dalla finestra delle nostre camere era semplicemente spettacolare.

Questa metropoli non è una esagerazione definirla infinita, estendendosi per circa 50 km di lunghezza. Tappe del viaggio sono state il centro storico e le sue chiese, la cattedrale e la Metà del Mondo. Infine l’ultimo giorno abbiamo preso il Teleferiqo, la funivia che collega la città alla parete est del vulcano Pichincha, ancora attivo, che la sovrasta. Lo scorcio sulla città è eccezionale. Proprio a causa della sua enorme estensione, non saremmo stati in grado di orientarci senza la sapiente guida di Mauricio, un seminarista boliviano che ci ha accompagnato in tutti e tre i giorni di permanenza nella capitale.

Personaggi della settimana: Lenin e Mauricio

Posto dove torneremmo: Teleferiqo

Differenza con l’Europa: le fermate degli autobus vanno a sentimento

Fatto curioso: siamo stati abbordati da due quattordicenni mentre erano in classe a fare i compiti.


Dopo aver trascorso il fine settimana a Quito – e stavolta il viaggio è stato diurno, e abbiamo così potuto ammirare i paesaggi della Sierra, nel cuore dell’Ecuador – abbiamo ripreso la nostra attività: presso l’aula Talita Kum la mattina, alla Domus o con Mercedes nel pomeriggio.

Venerdì mattina è stata dedicata alla visita al carcere di Bahia che padre Bruno e alcuni volontari compiono ogni tre settimane; ci siamo imbattuti in un contesto molto differente da quello che ci aspettavamo e distante dall’idea che ci siamo fatti dei penitenziari italiani. L’ambiente è molto più libertino ed è tollerato l’ingresso di beni e sostanze di quasi ogni tipo che le famiglie dei detenuti introducono all’interno della prigione. Questo è considerato un modo per rendere più mansueti gli ospiti del luogo di reclusione e evitare disordini indesiderati. Nella struttura è possibile dedicarsi ad attività di vario genere, ad esempio molti carcerati erano intenti a modellare cartapesta a mo’ di vasi o portaoggetti delle forme più disparate che avrebbero poi venduto ai visitatori. Da quello che ci hanno detto, però, Bahia è un po’ un caso a parte dato che in altri istituti penitenziari il livello di severità è assai maggiore. Proprio per i prossimi giorni giorni è previsto un corposo trasferimento di detenuti nel carcere di Portoviejo e non conoscendosi ancora i nomi di chi sarà dislocato nella nuova sede c’era molta fibrillazione tra i presenti.

Ad ogni molto la loro risposta alla visita dei volontari è stata positiva e in molti hanno partecipato a preghiere, canti e attività con tema principale “l’amicizia”.

Ecuador 2018

Talita Kum al completo

Nell’arco della stessa giornata si celebrava il 9° anniversario dell’apertura dell’aula Talita Kum, e i bambini con le loro famiglie hanno affollato il campo sportivo partecipando a balli e giochi di gruppo prima di pranzare tutti insieme.

Il fine settimana è iniziato con una escursione all’Isla Corazon, situata nell’estuario e chiamata in tal modo proprio per la sua caratteristica figura a forma di cuore, o almeno così è stato fino a quando il terremoto non ne ha modificato la configurazione. Insieme ad alcuni ragazzi del gruppo giovanile di Bahia ci siamo imbarcati in direzione dell’isola, mentre tre esperte guide nonché custodi della riserva naturale ci spiegavano la sua storia e la sua ricchezza faunistica. Sempre prima di venir colpito da infauste catastrofi naturali, questo luogo presentava una biodiversità veramente impressionante; solo da poco molte specie animali sono tornate a popolarla, e tutti ci auguriamo che il processo non si arresti qui. Per addentrarci lungo un sentiero acquatico abbiamo usato delle piroghe, e c’è stato il tempo anche per una breve escursione a piedi.

Ecuador 2018

Il “tunnel” dell’Isla Corazon

Domenica abbiamo salutato Jonathan che tornava in Spagna per due mesi di vacanza. In Ecuador si usa organizzare una despedida, una sorta di festa che sa più di addio per sempre che di arrivederci, ma nemmeno dopo la terza l’ormai esasperato/rassegnato padre basco non ha rinunciato ad una pizza in nostra compagnia. Ci mancherà Jonathan, sin dal primo momento ci è stato di grande aiuto e si è sempre messo a nostra disposizione per qualunque esigenza. Chissà che non ci si riveda da qualche parte un giorno o l’altro. Buen viaje padre!

L’ultima settimana la definiremmo soprattutto “faticosa”: per le attività con i ragazzi, certo, ma specialmente perché padre Bruno ci ha proposto di aggregarsi a lui nei suoi esercizi fisici mattutini. Ci è quindi passato a prendere ogni mattina verso le 5 per portarci a correre, pedalare o eseguire il programma stilato da un suo amico professore di educazione fisica. I pomeriggi si sono inevitabilmente tradotti in una lotta contro il calar delle palpebre, ma il sorgere del sole sul Pacifico è sempre uno spettacolo che vale la pena.

Durante la settimana invece abbiamo seguito la routine che è diventata ormai classica, a cui si è aggiunta la preparazione di una coreografia con i bambini di Talita Kum. La presentazione, che si è svolta al Km 20, una quartiere periferico di Bahia, consisteva in canti e balli di gruppo. Io e Walid abbiamo cercato con molta insistenza la nostra vena artistica per contribuire alla buona riuscita dello spettacolo, ma purtroppo non l’abbiamo trovata. In compenso, chi si è esibito dopo di noi ha alzato notevolmente il livello qualitativo.

Ecuador 2018

Balli in costumi tipici alla festa della comunità

Ci troviamo davanti l’ultima settimana che ci resta di questa esperienza, e stiamo incominciando a realizzare che sì, è già quasi finita. Ma rimane ancora molto da fare, dopotutto dobbiamo ancora organizzare la nostra despedida

Personaggio della settimana: Bruno, decisamente

Posto dove torneremmo: sul ponte a correre all’alba. Ma anche senza necessariamente correre

Differenza con l’Europa: c’è un ventilatore in ogni singola stanza. Ma sul serio

Fatto curioso: di ritorno dall’Isla Corazon, veniamo fermati dalla polizia. Chiedono a Lenin di esibire il documento che gli consente di guidare il pulmino su cui ci troviamo, documento che sfortunatamente non possiede. Già ci immaginiamo comodamente seduti in caserma quando un poliziotto realizza che si tratta del mezzo del “padre negrito” e ci lascia andare. Lode a padre Bruno e alla sua autorevolezza.

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